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La seconda Coppa dei Campioni vinta dalla Juventus, nel '96 a Roma, contro l'Ajax. |
Inutile nascondersi, inutile fare tanti giri di parole. Stasera, alle 20:45, i miei occhi fisseranno il prato dell'Olympiastadion di Berlino: c'è Juventus - Barcellona, finale della sessantesima Coppa dei Campioni. Sarà la quinta finale della coppa dalle grande orecchie che vedrò giocare dalla squadra della quale sono tifoso da sempre, o meglio, da quando ho ammirato da piccolissimo le gesta di Baggio in televisione. Ma paradossalmente Baggio non giocò nemmeno una di queste finali: a giocarle fu colui che ereditò il mio cuore di juventino, quell'Alessandro Del Piero che ha fatto la storia della Juventus e che è sempre stato in campo, fino a tre anni fa, con la numero di 10 che fu di Platini sulle spalle.
Il mio primo ricordo calcistico fu però la finale di Coppa del Mondo del '94, quella maledetta finale persa ai rigori con il Brasile negli Stati Uniti: ci eravamo da poco trasferiti qui a Villafranca da Torino, era una serata di luglio non molto afosa ed i miei portarono fuori la televisione per guardarla all'aperto. C'erano loro, mio zio, mia nonna, i miei zii di Torino e mia cugina. Tutto quello che allora era il mio mondo era con me a guardare quella partita, e la stessa cosa capitò molte altre volte da allora: il quarto di finale con la Francia nel '98, la finale degli Europei del 2000, la finale degli Europei del 2012 sono le partite più importanti viste con loro. Mia nonna era quella che mi "cissava" di più durante le partite, e lei è in un ricordo molto vivo della mia infanzia legata al calcio: lei mi trasmise oltre alla passione per il pallone anche quella per le parole crociate, ed un giorno d'estate di almeno diciassette-diciotto anni fa, facendo con lei un cruciverba, c'era la definizione "Soprannome di Alessandro Del Piero". Io non lo sapevo, ma lei ovviamente sì: PINTURICCHIO. Ed ora, ogni volta che sento questo appellativo, o semplicemente mi capita di vedere delle opere del pittore, non posso che pensare a lei. Mio zio invece mi ha insegnato la storia della Juve, oltre che quella del campionato in generale, con lui ho visto decine di partite e con lui son stato allo stadio per la prima volta in vita mia. Con mio padre invece non può che esserci forte rivalità: lui viola-granata, io bianconero, e per cui inevitabilmente gli scontri verbali non potevano e non possono assolutamente mancare. Ma è una sana rivalità, intrisa di rispetto, tant'è che alla fine, tolte le sfide tra la mia squadra e le sue, Torino e Fiorentina mi stanno comunque molto a cuore. Infine, mia cugina, quando Baggio fu venduto al Milan, non restò fedele alla maglia: restò fedele a lui, diventando anche lei prima del Milan e poi, quando il Divin Codino passò all'Inter, complice la presenza di Zanetti nella rosa neroazzurra, si innamorò della squadra di Milano. Ora, per altri motivi, è della Sampdoria, ma da quando ha lasciato la Juve non perde occasione di gufarla!!!!
Stasera, almeno per il primo tempo, la formazione qui a casa mia non cambierà di molto: non c'è più mia nonna (che comunque c'è.....), mio zio è al mare, ma per il resto siamo noi.. anzi, ci sarà anche la piccola Selene, la figlia di mia cugina, la mia "nipotina"...
Parlando invece del campo, mi ricordo come accolsi la notizia dell'approdo di Allegri alla Juventus. Parlandone con mio zio, dissi: "Sai cosa? Quest'anno probabilmente non faremo molto bene in campionato, però la Roma ed il Napoli hanno le coppe e per cui facilmente anche loro non faranno grandi exploit... in Champions, invece, non mi stupirei se andassimo avanti... Conte aveva grinta, ma Allegri c'ha testa...". Quando dissi tutto ciò pensavo più che altro ai quarti di finale, e come la stragrande maggioranza degli appassionati di calcio non mi sarei mai immaginato la Juve in finale. Ho cominciato a crederci quando la Juve vinse tre a zero a Dortmund, perché sì, avremmo potuto incontrare altre squadre anziché il Monaco ai quarti, ma vedevo che la squadra sapeva reagire, e soprattutto non perdere la testa; sapeva colpire non dovendo per forza correre per novantacinque minuti; sapeva gestire, senza comunque rinunciare ad attaccare. Quando fu la volta del Real Madrid ero certo che saremmo andati in finale: niente scaramanzia, niente storie, per me eravamo già a Berlino, ed anche sull'1-0 al Bernabeu non ebbi assolutamente paura. Ero appena arrivato all'Orso quando segnarono i madridisti, ma avevo la certezza che non sarebbe finita così, e che se ci fossero eventualmente stati i supplementari ad uscire indenni dallo scontro saremmo stati noi. Tant'è che al 90' me ne fregai dello sterile forcing del Madrid: "Ivan, vado a fumare una sigaretta"...
Stasera sarà difficile, difficilissima, ma ho buone sensazioni, sogni premonitori mi han detto che andrà bene, e poi Berlino va conquistata un'altra volta. Dopo l'Armata Rossa nel '45, gli Azzurri nel 2006, ora tocca al battaglione bianco-nero. E poi ho già visto perdere la Juve tre volte in finale, delle quali due in modo assolutamente immeritato... stavolta sarebbe bello che le parti si invertissero: vincerla, da sfavoriti, magari nemmeno meritando... l'importante è portarla a casa.
Primo tempo a casa, il secondo all'Orso. Primo tempo con la famiglia naturale, secondo con quella che mi sono scelto. Io voglio crederci, e, comunque vada, saranno gli eroi del giorno... anzi, della stagione.
Stefano Tortelli