In un mondo sempre più ricco di apparenza e, di conseguenza, sempre più povero di sostanza, le mosche bianche, che si distinguono e riescono comunque ad emergere sono ormai poche. Questo vale in tutti gli ambiti: da quello lavorativo a quello politico, da quello amoroso a quello amicale, passando per lo sport, l'arte e la cultura. Ci vuole molto poco a creare dei prodotti ad hoc da propinare alla gente, come ci vuole poco a crearsi una maschera per apparire in modo estremamente diverso (e solitamente migliore) di fronte agli altri.
Anche in un mondo genuino come quello della musica rock non mancano i prodotti studiati a tavolino, spinti dalle case discografiche e propinati alle nuove generazioni, le quali, nei testi, non riescono più a ritrovare i messaggi che una volta contraddistinguevano quello che era il rock: oltre alla musica in sé, anche i testi puntavano a rompere con il passato, con la musica della classe borghese. Si cercava di rispolverare le radici, si cercava di trasmettere dei messaggi nuovi, di protesta, di autodeterminazione, e soprattutto di speranza. Ma il problema non è relativo soltanto alle nuove rockstar, ma ha colpito anche quelle vecchie, alcune di queste storiche, che traviate dal denaro si sono perse un po' per strada, alcune anche rimettendoci la vita. Penso agli Hendrix, ai Morrison, ma anche ad Osbourne o ai Red Hot Chili Peppers: qualcuno è morto per droga, qualcun altro perché non ha saputo reggere alla pressione, qualcun altro è arrivato al punto di bruciarsi totalmente il cervello ed a salvarsi per un pelo.
C'è invece chi da quarant'anni, facendo un percorso dal basso come gli artisti sopra citati, continua ad incarnare quello spirito rock meglio di chiunque altro. Da quarant'anni scrive d'amore, di morte, della vita di tutti i giorni, della sua patria, delle sue radici, dei problemi sociali, delle guerre e della pace. Da quarant'anni sale sui palchi di tutto il mondo per portare a migliaia e migliaia di persone il suo messaggio, armato di una voce graffiante e di una chitarra che spara note su note che arrivano dritte ai cuori. Da quarant'anni, salendo su quei palchi, si diverte, si emoziona suonando accanto ai suoi amici o a quelli che fino a qualche anno fa sembravano miti irraggiungibili. Da quarant'anni è coerente al suo essere nato operaio, figlio di uno Stato ricco di contraddizioni con le quali bisogna convivere, consci però che vanno eliminate, ed in un senso positivo anziché negativo. Da quarant'anni mostra a generazioni e generazioni di aspiranti rockstar qual è la via da seguire per essere sempre fedeli alle motivazioni con le quali per la prima volta ci si è trovati in un garage a suonare con gli amici o in camera, da soli, a scrivere canzoni accompagnandosi con una chitarra di seconda mano.
E fortunatamente alcuni artisti, più giovani di lui, hanno seguito questa strada, eleggendolo a loro guru. Mi vengono in mente i Pearl Jam, giusto per fare un esempio, o i nostri Gang, ma sono sicuro che esempi simili ce ne siano tanti altri ancora. Restano forse la minoranza, ma se oggi si può ancora dire che il rock n' roll non è morto è grazie a lui ed a pochi altri.
Quest'uomo è Bruce Springsteen, signore e signori. Quest'uomo è il Boss. Quest'uomo è il Rock. Perché del rock incarna ogni singolo elemento, del rock è uno degli esponenti più efficaci e continui, del rock è il principe indiscusso. Ed anche se ha sessantasei anni continua a far ballare migliaia e migliaia di persone per tre ore ai suoi concerti, continua a regalarci nuove perle e continua a stupirci, facendoci ancora chiedere come sia possibile che, dopo decenni di carriera, sappia ancora inventare, creare, e soprattutto donare. Certo, si è arricchito. Certo, ha fama e successo. Ma il rock, oltre ad essere uno strumento di protesta e di rottura, è anche un mezzo per l'emancipazione, l'autodeterminazione, il poter vivere grazie alla propria passione. E sono sicuro che chi lo conosce da quaranta/cinquant'anni può confermare che è rimasto lo stesso: un ragazzo innamorato della vita, innamorato della sua patria, innamorato della musica, e desideroso di vivere la prima, rendere migliore la seconda e sposare, giorno dopo giorno, la terza.
Grazie Bruce, per tutto ciò che hai fatto finora, ma soprattutto per ciò che sei e per ciò che rappresenti. E per celebrarti non potrei scegliere altra canzone se non la tua più famosa... ma in una versione un po' particolare, quella che personalmente amo di più. Buon sessantaseiesimo compleanno, giovanotto!!
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