Per combattere un nemico bisogna conoscerlo, e conoscerlo bene. E' necessario entrare nella sua psiche, comprendere al meglio i suoi pensieri, tentare di ragionare come lui, capire cosa lo spaventa, cosa lo emoziona, ed infine combatterlo, avendo così buone chance per sconfiggerlo. Perché se ancora non è chiaro, cari miei, siamo in guerra: una guerra psicologica, una guerra di emozioni, di consensi, di mal di pancia, che talvolta, come a Roma e Treviso, sfocia in guerra fisica. Leggo e sento pareri discordanti riguardanti ogni cosa che avviene attorno a noi, ed il concetto di "attorno a noi" è esteso al mondo intero, e non solo al nostro paese, al nostro quartiere, alla nostra città, alla nostra nazione. L'avete voluta la globalizzazione, l'avete voluto il libero mercato? Bene, allora anche la vostra mente dovrebbe agire senza frontiere. E le frontiere più difficili da abbattere sono innanzi tutto quelle dell'Io, perché alla fine ogni azione che svolgiamo, a livello individuale o collettivo, è figlia di un impulso egoistico da soddisfare.
C'è chi si ascolta un disco, chi va ad un concerto con gli amici, chi partecipa ad una manifestazione, chi si prende cura degli animali, chi si "accontenta" di fare l'amore tutto il giorno con la persona che ama o di passare la giornata insieme ai figli in un parco o a legger loro storie... e poi ci sono quelli che credono che il loro obiettivo sia combattere il diverso, lo straniero, il differente. Lo combattono a parole, lo combattono sbraitando su facebook o parlando con i propri conoscenti, e per molti è sufficiente questo: si liberano, si sentono appagati, hanno dato sfogo alle loro voglie (di ben più bassa lega di quelle di Bocca di rosa, ma ragazzi, degustibus!!). E poi c'è chi passa al livello successivo, dando fuoco ai letti dei profughi o insultando diciannove disperati che null'altro chiedono che un posto dove dormire e qualcosa da mangiare.
Un posto dove dormire, qualcosa da mangiare. Molti di loro argomentano che di sto passo arriveremo anche noi a quel punto, a non saper più dove dormire, a non aver più nulla da mangiare, a non poter più soddisfare i propri bisogni primari. Hanno ragione. Il problema però è un altro. Innanzi tutto i bisogni primari dell'uomo medio occidentale sono molti di più che mangiare e dormire, e ben pochi di questi sono funzionali ad un progetto a medio-lungo termine. "Cazzo, mi han tagliato lo stipendio, ora mi tocca scegliere tra fare l'abbonamento a Sky o quello ad Internet"; "Ora che non posso più fare gli straordinari sarà difficile riuscire ad andare in vacanza in Egitto quest'anno"; "Ma guarda te, io non posso permettermi una casa più grande ed a QUELLI danno una camera d'albergo, che vergogna!!": questi sono i bisogni primari della gente che si lamenta degli stranieri.. e come dar loro torto, dico io!! Solo che la responsabilità di tutto ciò che sta accadendo alla classe media europea non è causato dagli immigrati, bensì da chi prima l'ha abituata a questo stile di vita, ovvero quello del superfluo, e poi pian piano le sta togliendo tutto. Ma prima di toglierle queste cose veramente superflue le ha tolto tutto il resto, a partire dall'autodeterminazione, dalla coscienza di se stesso, dalla capacità di vedere oltre il dopodomani. E' chi sta sopra alla classe media che la sta fregando, non chi sta sotto o, tutt'al più, alla pari. Non è il compagno di lavoro il nemico, non è la vicina di casa immigrata, non è il vagabondo alla stazione che chiede due spiccioli. Sono i padroni, sono i politici, sono le classi privilegiate e false: mi viene sempre in mente l'esempio dei ginecologi obiettori di coscienza che poi fanno abortire le donne nel loro studio privato. Questi sono i nemici, non i fratelli.
Ma le guerre tra poveri sono famose, ci sono sempre state, sempre ci saranno. Anche perché l'uomo è guidato da due istinti che sono diametralmente opposti: vuole essere superiore a qualcun altro ed allo stesso tempo annientare chi è a loro inferiore. E' la natura, è umanità. Per questo detesto il concetto di umanità applicato agli atti caritatevoli: se spesso sono stati affibiati ad una divinità o alla santità di una persona, un motivo ci sarà, no? E' proprio perché sono inumani che sono così eccezionali, questi atti, e rendono qualcosa di altro dall'essere umano colui che mette in atto questi gesti. Ma non perdiamoci nel discorso umanità perché ci sarebbe da parlarne per giorni... Come dicevo, le guerre tra poveri ci sono sempre state, e questa, questa battaglia apparentemente razzista, è soltanto l'ultima di una lunga serie. Queste persone, questi razzisti, probabilmente si comporterebbero nello stesso modo se in una situazione simile si trovassero i francesi, gli austriaci, e non mi stupirei se un giorno, se la situazione della Grecia dovesse peggiorare, leggeremo o sentiremo frasi come "Greco di merda, tornatene nella tua Acropoli".
Tutto questo non è per sminuire il concetto di razzismo, ma per provare a spiegarlo, per provare a renderlo qualcosa di ancora più ampio, collocandolo in un errore madornale della normale lotta tra classi, che però vede la classe medio bassa combattere con chi è addirittura allo stesso livello ed ancor più in basso anziché volgere le proprie ire e la propria bellicosità verso l'alto. Tutto questo succede perché nel diverso, in queste persone che parlano un'altra lingua, che hanno una fisionomia diversa (il colore è molto relativo, albanesi e rumeni, ad esempio, non sono poi così diversi di noi per quanto riguarda la carnagione) il razzista ha la visione di se stesso tra qualche anno, nel momento in cui avrà lasciato portarsi via anche l'ultimo diritto, l'ultimo pezzo di pane, l'ultimo metro quadro di tegole sopra la propria testa. Questa visione spaventa il razzista ed allora vuole allontanarla dalla propria vista, evitarla, distruggerla. Perché il futuro lo spaventa, ed allora non deve pensarci, ed allora per non pensarci deve concentrare le sue energie su un obiettivo facile, che oltre tutto è lo specchio della sua esistenza futura, del suo futuro... futuro al quale non ha mai pensato perché troppo concentrato a guardarsi i telefilm su sky, a fare shopping per le vie del centro, a cercare di assomigliare a chi sta sopra di lui non perché in questo modo diventa come i suoi nemici irraggiungibili, ma perché almeno, nello specchio della proprio casa, può vedersi, ora, come loro. Non è loro, ma gli assomiglia, e questo gli basta.
Gli immigrati non sono solo un capro espiatorio, non sono solo uno specchietto per le allodole, ma sono anche lo specchio del nostro futuro se continueremo a stare seduti con le mani in mano e tenendo la testa bassa, incazzandoci e bevendoci su una birra per non pensarci ulteriormente, guardando lo show del sabato sera o andando in discoteca per non farci prendere dai dubbi e dalle perplessità, in modo da non arrivare a dire: "Oh merda, ma ci hanno preso per il culo fino ad oggi quelli sopra di noi".
Oggi sono gli immigrati a spaventarvi, domani sarà un'epidemia e chi è affetto da questa malattia, dopodomani saranno gli statali perché avranno agevolazioni per andare in pensione o aumenti di stipendio. E la gente se la prenderà con gli appestati, e così la gente diventerà epidemista, poi se la prenderà con statali e diventerà statalista..
Capri espiatori per branchi di pecore che non attivano il cervello, che non vogliono guardare il futuro in faccia, che non sanno riconoscere il vero nemico.
Quando poi, forse forse, il vero nemico di ognuna di queste persone è se stessa, perché son stati loro a stare con le chiappe ben comode sul divano. Belle larghe, ma comode.
Io mi chiedo... solo ora brucia? Non sarà mica che, sotto sotto, tutto questo (schifo) piace?
Eccolo il razzista in tutta la sua malata psicologia e la sua totale mancanza di lungimiranza, di coscienza di sé e di come va il mondo a lui circostante, eccolo il razzista che pur di non vedere il proprio triste futuro cerca di allontanarlo o distruggerlo. Eccolo il razzista, che non ne fa una questione di razza (ecco perché spesso si legge "non sono razzista ma"), di colore, di provenienza geografica. Si alimenta degli stereotipi, molto simili a quelli che riconosce in lui stesso, per avere un movente per la sua crociata verso il diverso oggi ma uguale domani. Il razzismo non è razzismo, il razzismo è classismo mascherato, colorato, è una lotta di classe verso il basso, che porterà ancor più giù chi la combatte. Sia il razzista sia l'obiettivo del suo odio.
Vogliamo combattere il razzismo? Pensiamo al futuro e pensiamoci tutti insieme. Il domani è tutto ciò che abbiamo, e dobbiamo difenderlo da chi ce lo vuole togliere ed ha la forza per farlo. Ovvero chi detiene il potere. Ed il domani, il domani egualitario e giusto, è sempre stato la direzione, l'obiettivo di un'unica ideologia, quella dell'uomo che disse che per essere un buon rivoluzionario occorresse sentire nel profondo di noi stessi ogni ingiustizia perpetrata nei confronti di un nostro simile. Quella di un certo Ernesto "Che" Guevara.
Stefano Tortelli
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