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domenica 19 luglio 2015

Razzismo: la paura di vedere il proprio futuro in faccia





Per combattere un nemico bisogna conoscerlo, e conoscerlo bene. E' necessario entrare nella sua psiche, comprendere al meglio i suoi pensieri, tentare di ragionare come lui, capire cosa lo spaventa, cosa lo emoziona, ed infine combatterlo, avendo così buone chance per sconfiggerlo. Perché se ancora non è chiaro, cari miei, siamo in guerra: una guerra psicologica, una guerra di emozioni, di consensi, di mal di pancia, che talvolta, come a Roma e Treviso, sfocia in guerra fisica. Leggo e sento pareri discordanti riguardanti ogni cosa che avviene attorno a noi, ed il concetto di "attorno a noi" è esteso al mondo intero, e non solo al nostro paese, al nostro quartiere, alla nostra città, alla nostra nazione. L'avete voluta la globalizzazione, l'avete voluto il libero mercato? Bene, allora anche la vostra mente dovrebbe agire senza frontiere. E le frontiere più difficili da abbattere sono innanzi tutto quelle dell'Io, perché alla fine ogni azione che svolgiamo, a livello individuale o collettivo, è figlia di un impulso egoistico da soddisfare. 

C'è chi si ascolta un disco, chi va ad un concerto con gli amici, chi partecipa ad una manifestazione, chi si prende cura degli animali, chi si "accontenta" di fare l'amore tutto il giorno con la persona che ama o di passare la giornata insieme ai figli in un parco o a legger loro storie... e poi ci sono quelli che credono che il loro obiettivo sia combattere il diverso, lo straniero, il differente. Lo combattono a parole, lo combattono sbraitando su facebook o parlando con i propri conoscenti, e per molti è sufficiente questo: si liberano, si sentono appagati, hanno dato sfogo alle loro voglie (di ben più bassa lega di quelle di Bocca di rosa, ma ragazzi, degustibus!!). E poi c'è chi passa al livello successivo, dando fuoco ai letti dei profughi o insultando diciannove disperati che null'altro chiedono che un posto dove dormire e qualcosa da mangiare.

Un posto dove dormire, qualcosa da mangiare. Molti di loro argomentano che di sto passo arriveremo anche noi a quel punto, a non saper più dove dormire, a non aver più nulla da mangiare, a non poter più soddisfare i propri bisogni primari. Hanno ragione. Il problema però è un altro. Innanzi tutto i bisogni primari dell'uomo medio occidentale sono molti di più che mangiare e dormire, e ben pochi di questi sono funzionali ad un progetto a medio-lungo termine. "Cazzo, mi han tagliato lo stipendio, ora mi tocca scegliere tra fare l'abbonamento a Sky o quello ad Internet"; "Ora che non posso più fare gli straordinari sarà difficile riuscire ad andare in vacanza in Egitto quest'anno"; "Ma guarda te, io non posso permettermi una casa più grande ed a QUELLI danno una camera d'albergo, che vergogna!!": questi sono i bisogni primari della gente che si lamenta degli stranieri.. e come dar loro torto, dico io!! Solo che la responsabilità di tutto ciò che sta accadendo alla classe media europea non è causato dagli immigrati, bensì da chi prima l'ha abituata a questo stile di vita, ovvero quello del superfluo, e poi pian piano le sta togliendo tutto. Ma prima di toglierle queste cose veramente superflue le ha tolto tutto il resto, a partire dall'autodeterminazione, dalla coscienza di se stesso, dalla capacità di vedere oltre il dopodomani. E' chi sta sopra alla classe media che la sta fregando, non chi sta sotto o, tutt'al più, alla pari. Non è il compagno di lavoro il nemico, non è la vicina di casa immigrata, non è il vagabondo alla stazione che chiede due spiccioli. Sono i padroni, sono i politici, sono le classi privilegiate e false: mi viene sempre in mente l'esempio dei ginecologi obiettori di coscienza che poi fanno abortire le donne nel loro studio privato. Questi sono i nemici, non i fratelli. 

Ma le guerre tra poveri sono famose, ci sono sempre state, sempre ci saranno. Anche perché l'uomo è guidato da due istinti che sono diametralmente opposti: vuole essere superiore a qualcun altro ed allo stesso tempo annientare chi è a loro inferiore. E' la natura, è umanità. Per questo detesto il concetto di umanità applicato agli atti caritatevoli: se spesso sono stati affibiati ad una divinità o alla santità di una persona, un motivo ci sarà, no? E' proprio perché sono inumani che sono così eccezionali, questi atti, e rendono qualcosa di altro dall'essere umano colui che mette in atto questi gesti. Ma non perdiamoci nel discorso umanità perché ci sarebbe da parlarne per giorni... Come dicevo, le guerre tra poveri ci sono sempre state, e questa, questa battaglia apparentemente razzista, è soltanto l'ultima di una lunga serie. Queste persone, questi razzisti, probabilmente si comporterebbero nello stesso modo se in una situazione simile si trovassero i francesi, gli austriaci, e non mi stupirei se un giorno, se la situazione della Grecia dovesse peggiorare, leggeremo o sentiremo frasi come "Greco di merda, tornatene nella tua Acropoli".

Tutto questo non è per sminuire il concetto di razzismo, ma per provare a spiegarlo, per provare a renderlo qualcosa di ancora più ampio, collocandolo in un errore madornale della normale lotta tra classi, che però vede la classe medio bassa combattere con chi è addirittura allo stesso livello ed ancor più in basso anziché volgere le proprie ire e la propria bellicosità verso l'alto. Tutto questo succede perché nel diverso, in queste persone che parlano un'altra lingua, che hanno una fisionomia diversa (il colore è molto relativo, albanesi e rumeni, ad esempio, non sono poi così diversi di noi per quanto riguarda la carnagione) il razzista ha la visione di se stesso tra qualche anno, nel momento in cui avrà lasciato portarsi via anche l'ultimo diritto, l'ultimo pezzo di pane, l'ultimo metro quadro di tegole sopra la propria testa. Questa visione spaventa il razzista ed allora vuole allontanarla dalla propria vista, evitarla, distruggerla. Perché il futuro lo spaventa, ed allora non deve pensarci, ed allora per non pensarci deve concentrare le sue energie su un obiettivo facile, che oltre tutto è lo specchio della sua esistenza futura, del suo futuro... futuro al quale non ha mai pensato perché troppo concentrato a guardarsi i telefilm su sky, a fare shopping per le vie del centro, a cercare di assomigliare a chi sta sopra di lui non perché in questo modo diventa come i suoi nemici irraggiungibili, ma perché almeno, nello specchio della proprio casa, può vedersi, ora, come loro. Non è loro, ma gli assomiglia, e questo gli basta.

Gli immigrati non sono solo un capro espiatorio, non sono solo uno specchietto per le allodole, ma sono anche lo specchio del nostro futuro se continueremo a stare seduti con le mani in mano e tenendo la testa bassa, incazzandoci e bevendoci su una birra per non pensarci ulteriormente, guardando lo show del sabato sera o andando in discoteca per non farci prendere dai dubbi e dalle perplessità, in modo da non arrivare a dire: "Oh merda, ma ci hanno preso per il culo fino ad oggi quelli sopra di noi". 

Oggi sono gli immigrati a spaventarvi, domani sarà un'epidemia e chi è affetto da questa malattia, dopodomani saranno gli statali perché avranno agevolazioni per andare in pensione o aumenti di stipendio. E la gente se la prenderà con gli appestati, e così la gente diventerà epidemista, poi se la prenderà con statali e diventerà statalista.. 

Capri espiatori per branchi di pecore che non attivano il cervello, che non vogliono guardare il futuro in faccia, che non sanno riconoscere il vero nemico. 

Quando poi, forse forse, il vero nemico di ognuna di queste persone è se stessa, perché son stati loro a stare con le chiappe ben comode sul divano. Belle larghe, ma comode. 

Io mi chiedo... solo ora brucia? Non sarà mica che, sotto sotto, tutto questo (schifo) piace? 

Eccolo il razzista in tutta la sua malata psicologia e la sua totale mancanza di lungimiranza, di coscienza di sé e di come va il mondo a lui circostante, eccolo il razzista che pur di non vedere il proprio triste futuro cerca di allontanarlo o distruggerlo. Eccolo il razzista, che non ne fa una questione di razza (ecco perché spesso si legge "non sono razzista ma"), di colore, di provenienza geografica. Si alimenta degli stereotipi, molto simili a quelli che riconosce in lui stesso, per avere un movente per la sua crociata verso il diverso oggi ma uguale domani. Il razzismo non è razzismo, il razzismo è classismo mascherato, colorato, è una lotta di classe verso il basso, che porterà ancor più giù chi la combatte. Sia il razzista sia l'obiettivo del suo odio.

Vogliamo combattere il razzismo? Pensiamo al futuro e pensiamoci tutti insieme. Il domani è tutto ciò che abbiamo, e dobbiamo difenderlo da chi ce lo vuole togliere ed ha la forza per farlo. Ovvero chi detiene il potere. Ed il domani, il domani egualitario e giusto, è sempre stato la direzione, l'obiettivo di un'unica ideologia, quella dell'uomo che disse che per essere un buon rivoluzionario occorresse sentire nel profondo di noi stessi ogni ingiustizia perpetrata nei confronti di un nostro simile. Quella di un certo Ernesto "Che" Guevara.





Stefano Tortelli

domenica 17 maggio 2015

Xenofobia: lo sfogo di ogni frustrazione di matrice sociale ed economica





Avevo argomentato, mesi addietro, riguardo la sterilità della suddivisione in materie sempre più circoscritte e settarie le materie umanistiche. Una sterilità che è difficilmente superabile senza un'adeguata attitudine mentale in grado di creare connessioni tra una disciplina e l'altra, un'epoca e quella successiva o precedente, una nazione e l'altra. E tutto ciò è logicamente voluto per rendere quasi inutile lo studio fine a se stesso, privilegiando quello atto a formare figure in grado di essere super performanti in un ristretto ambito, salvo poi fallire miseramente una volta spostate di qualche centimetro. Del resto gli individui sono visti come serbatoi dai quali principalmente attingere e nei quali dev'esserci lo stretto indispensabile. Perché se in un contenitore ci metti tante cose differenti, se inserisci la mano per pescare ciò che ti serve, è probabilisticamente difficile venire accontentati. Un po' come alla lotteria...

Questo schema è probabilmente alla base di questa nostra società, una società che, come non vuole darci la possibilità di conoscere il modo "universitario" il mondo, non desidera neppure che si sappia riconoscere i veri problemi, il vero male, i veri soprusi in atto in tutto il mondo. Scrivo queste righe oggi perché oggi è la Giornata mondiale contro l'omofobia, ma potrei scriverle ogni settimana, cambiando solo la causa scatenante di queste mie riflessioni. 

Definiamo innanzi tutto non tanto cosa sia l'omosessualità ma il perché questa sia motivo di discriminazione: gli omosessuali sono discriminati per un motivo semplice, lampante. Sono in minoranza, e sono diversi. Sono in minoranza e sono diversi come in minoranza e diversi sono gli stranieri, erano gli ebrei in Europa nel '900, erano i neri negli Stati Uniti. La paura del diverso, la xenofobia, è sempre stata la scintilla che ha dato il via ad ogni discriminazione per motivi religiosi, politici, sessuali. Ed oltre tutto c'è una componente aggiuntiva assolutamente da non sottovalutare in tutto questo quadro: oltre ad essere pochi e diversi, sono anche ritenuti più deboli, e quindi facilmente "estirpabili", ma anche ottimi capri espiatori per giustificare una qualsivoglia situazione contingente: "E' colpa degli immigrati se l'Italia va a rotoli"; "E' colpa degli ebrei se c'è la peste"; "E' colpa dell'omosessualità se esiste una crisi dei valori cattolici"... e così via, in ogni tempo ed in ogni spazio. E non facciamo l'errore di vedere il tutto come imposto dall'alto, come se l'idea che la colpa è di questa o quell'altra categoria di essere umani minoritaria ed in posizione di subordinazione sia figlia di decisioni sempre prese a tavolino. Perché se è pur vero che certi messaggi vengono amplificati da chi in quel momento ha la possibilità, ovvero il potere, di farlo, è anche vero che certa gente ha il potere perché qualcuno gliel'ha dato. La politica è questa: gente come Salvini, Giovanardi, La Russa parla al Paese intero perché parte del Paese ha voluto che arrivassero al punto in cui si trovano ora, e per arrivare a questo punto hanno dovuto raccogliere consensi, e per raccogliere consensi hanno portato avanti istanze sentite da parte della popolazione. 

Allo stesso tempo, però, fioccano le giornate contro questo tipo di manifestazione di odio pre-concettuale, che può essere espresso a partire dalla violenza verbale, passando per quella psicologica e arrivando a quella fisica: la giornata contro il razzismo, la giornata contro la violenza sulle donne ("categoria" sui generis, che comunque è sempre stata oggetto di vessazioni da parte della società), la giornata contro la fame nel mondo, la giornata contro... Il problema è che queste giornate sono, come l'insegnamento delle scienze umanistiche in modo estremamente settoriale, inutili, fini a se stesse. Sono delle ricorrenze futili e prive di qualsiasi significato, se non il semplice riconoscere l'esistenza di un problema, sottolineare l'impegno primario per debellare questa ingiustizia... e poi, il silenzio. Tanti proclami, tante manifestazioni colorate, e poi la solita indifferenza, perché comunque bisogna prepararsi il discorso e lo stato d'animo per affrontare una nuova giornata contro l'ennesimo sopruso. 

Anche perché dati alla mano il razzismo è sempre più una piaga sociale della nostra epoca, i femminicidi continuano ad animare le cronache dei telegiornali, i fascisti continuano a pestare omosessuali una domenica e l'altra pure, le minoranze religiose vengono costantemente additate come causa di una deriva dell'etica morale. Però si è tutti Pilato, in queste situazioni: discorso, commemorazione, cordoglio, sdegno, accenno di forte presa di posizione contro l'ennesima piaga sociale ed infine l'ennesima ammissione di impotenza giustificata con mille frasi di circostanza. 

Sarebbe invece molto semplice inculcare nella testa della gente una facile equazione mentale, che di fatto difende ogni categoria sopra citata e condanna ogni nuovo crimine creato ad hoc giusto per fare bella figura in Parlamento. "Ogni tipo di violenza perpetrata nei confronti di un altro individuo è reato penale, a prescindere da ogni motivazione che ha portato a compierlo". FINE. E non si scappa da qui: si insegnerebbe il rispetto per qualsiasi altra persona che ci circonda, che si trova sul nostro stesso suolo giuridico e che mette nella condizione me, italiano, eterossesuale, "cattolico" e maschio a rispettare le stesse leggi di qualsiasi persona che si discosta per una o più caratteristiche dalla mia descrizione. Non è facendo leggi a difesa degli omosessuali, inserendo il reato di femminicidio o la protezione di questo credo o di quella nazionalità che si risolvono le cose, ma anzi si va a creare un pensiero comune che vede paradossalmente l'italiano "standard" in una condizione di apparente discriminazione. E' questo uno dei tanti errori che le sinistre hanno fatto in passato, ovvero quello di affrontare di petto una situazione contingente particolarmente sentita dalla popolazione che ha a cuore la preservazione ed il rispetto di ogni tipo di differenza, dimenticandosi poi di mettere nella condizione la totalità dell'Italia di poter innanzi tutto rispettare se stesso e quindi chiunque ci circonda. E su queste battaglie sterili la sinistra ha perso più e più volte, e le destre si sono rafforzate, raccogliendo sempre più consenso tra gli ottusi ed i bigotti, tra i reazionari ed i xenofobi, sfruttando la loro forte opposizione ad ogni equiparazione tra "noi" ed i "loro" di turno per poi fare i propri porci comodi in sede economico-sociale. 

Spero che presto si arrivi alla presa di coscienza del fatto che più che una giornata di commemorazione o ricordo per questa o quella categoria oggetto di discriminazione sia necessario agire trecentosessantacinque giornate all'anno per la parità di diritti di ogni singolo individuo di questo Stato. Sia esso gay, nero, ebreo, donna... Questo sarà l'unico modo per raggiungere un reale progresso, un effettivo benessere diffuso ed una assoluta presa di coscienza che la diversità non è un fatto biologico ma puramente economico. Perché, sotto sotto, tutto ciò che è dettato, dal basso verso e l'alto e viceversa, in questa società, ha una matrice meramente finanziaria. 


La cosa che a me spaventa molto, che mi da ribrezzo, è il buio che avvolge il cervello, lo sguardo, il cuore di milioni di persone che abitano il mio stesso Paese, e queste tenebre si sono prese possesso sia di chi da sempre si è negato la luce sia di chi la luce l'hanno accolta soltanto finché è stata loro utile, per poi rinnegarla una volta cessata la sua funzione. Sì, ho paura del buio. 



Stefano Tortelli

mercoledì 22 aprile 2015

La memoria distorta, la memoria annegata ed il qualunquismo dilagante






Da quando è aperto il blog raramente mi sono messo a discutere su Facebook di questioni politiche. Mi limitavo a leggere, ad osservare, ad individuare i vari luoghi comuni messi in campo sia da una parte sia dall'altra ed isolare i discorsi che, fossero di destra o di sinistra, avessero dei contenuti. Ultimamente, però, mi son trovato ad intervenire su diverse questioni, ad alimentare io stesso alcuni scambi di idee che talvolta son diventati scontri, fortunatamente sempre in modo abbastanza civile. Anzi, il più delle volte ad alzare per primo i toni del tenzone sono stato io, e forse perché troppe volte fino ad ora sono stato in silenzio.

Ho tirato su un polverone immane riguardo l'obelisco dedicato a Mussolini, provocando i detrattori della Boldrini che si nascondevano dietro lo slogan "La storia e la cultura non si toccano" per occultare tutt'altra intenzione. Sia chiaro, per chi non avesse assistito alla discussione, che non ho mai sostenuto che la Boldrini avesse ragione: ma, come ho detto, ho provocato, dicendo che anzi avevano ragione, che i monumenti vanno protetti perché raccontano la storia, ma la storia va anche raccontata giusta, e per cui suggerivo come soluzione il capovolgimento del monumento. Mettiamola sotto sopra, così oltre all'inizio ed allo svolgimento abbiamo anche il finale corretto! Inutile dire che si son scritte tante parole, troppe, molte delle quali inutili ma alcune assolutamente necessarie per capire l'andazzo generale che ha preso questo Paese ormai alla deriva.

Alla deriva come quei barconi che si vuole abbattere, quei barconi che affondano e portano con sé centinaia di anime che credevano di navigare in un sogno che non è diventato un incubo, ma la fine della loro realtà. Io mi chiedo con che coraggio, poi, chi appoggia Salvini e compagnia dia del buonista a chi invece si chiede il perché di tutto questo, a chi piange quelle vittime, a chi non ci sta nel dover assistere a tutto ciò. Se è buonista chi è mosso da spirito umanista, e loro si contrappongono a chi tacciano come buonista, per equazione matematica questi tutto sono tranne che umani. E' matematica, la stessa fredda matematica che usano per dire: bene, son 950 clandestini di merda in meno in Italia, speriamo che presto tanti altri facciano la stessa fine. 

Mi girano le palle, mi girano le palle in modo pazzesco nel dover leggere tutto questo, soprattutto quando anziché mossi da un'ideologia (per quanto malata possa essere un'ideologia che promuove questo tipo di pensieri) si rifugiano nel qualunquismo. Lo stesso qualunquismo che li ha fatti esultare per la fine delle dittature di Gheddafi, di Saddam Hussein, di Milosevic etc. Sembra che queste persone siano cadute dalle nuvole, inconsapevoli di come funziona il mondo, di come ad un'azione corrisponda sempre una reazione, e di come, quando si crea il caos, è naturale che le ripercussioni si sentano ovunque. E queste ripercussioni possono manifestarsi in aumenti del costo del petrolio (e tutti a dare dei ladri ai benzinai ed allo Stato per le accise), in aumento dei prezzi dei prodotti provenienti dall'estero causati dal rincaro dei trasporti (e tutti ad accodarsi nella gara a chi difende di più il Made in Italy), in esodi di massa da luoghi in cui ci si uccide anche solo per un bicchiere d'acqua o un pezzo di pane (e tutti, ovviamente, ad infangare queste persone disperate ed il governo). Ed allo stesso tempo rimpiangono epoche che mai hanno vissuto, epoche che forse i loro genitori o i loro nonni non hanno loro raccontato bene, perché se rimpiangono un Mussolini autarchico o un Hitler propenso alla pulizia etnica c'è davvero qualcosa che non funziona nell'insegnamento e nel tramandare di generazione in generazione la storia. Hanno ragione a dirmi che non devo chiamarli fascisti, perché effettivamente fascisti non sono. Sono tutt'al più malinformati, delusi dalla politica, convinti che avere degli ideali non porti effettivamente da nessuna parte. 

E la cosa, a dirla tutta, non mi stupisce: dopo 20 anni di politica di Berlusconi nella quale si puntava sull'apparenza e non sull'essenza, sulla demonizzazione di certi concetti (comunismo e solidarietà in primis), sulla parodia quotidiana dell'avversario politico di turno del leader del centro-destra promossa non dalle sue reti televisive, non dai comici ma da lui stesso, è ovvio che il risultato non poteva essere molto differente. Non che Berlusconi abbia inventato nulla, sia ben inteso: è stato sicuramente il miglior interprete di questa "arte", ma è la vecchia scuola della DC quella che ha posto le basi per quest'annientamento della capacità di discernere, della voglia di informarsi, della fedeltà alle proprie idee ed ai propri ideali. Quella DC che faceva passare per mangiabambini e ladri di terre i comunisti, che è poi la stessa DC che sapeva chi veramente voleva morto Moro; quella DC che faceva passare l'Unione Sovietica come il male assoluto mentre gli Stati Uniti come terra di libertà, che è poi la stessa DC che faceva affari con la Mafia (e li fa tutt'ora, anche se in vesti diverse), la P2 e dava il nulla osta agli USA di dar vita alle cellule del Gladio anche in Italia. E così via, di questioni da rispolverare ce ne sarebbero a centinaia, ma elencarle così è inutile, sebbene siano tutte verità, a differenza di quelle millantate dal centro-destra per settant'anni ed alle quali per settant'anni l'italiano medio ha creduto.

Settant'anni. Settant'anni son passati anche da quei giorni di aprile in cui in tutto il Nord Italia le grandi città si liberavano dalla dominazione nazi-fascista, da sole, contando sulla solidarietà e su un sano senso di appartenenza, ovvero gli ingredienti principali di un reale patriottismo. C'è chi, ancora adesso, vomita sulle donne e sugli uomini che hanno liberato l'Italia da una reale dominazione straniera, rinnegando loro stessi, nei fatti, di essere italiani, di essere intelligenti, di essere umani. 

Nei prossimi giorni dedicherò diversi post ad alcuni elementi che sopra ho appena sfiorato, ma dopo tanto discutere, litigare ed innervosirmi, anche parecchio, tanto da dover frenare più di una volta le dita agognanti di scrivere i peggiori insulti, avevo decisamente il bisogno di sfogarmi, di dare loro carta bianca. Perché d'accordo, usare la diplomazia con toni pacati, anche se a volte un po' tirati, è sempre la via migliore...ma a volte se mordersi la lingua, legarsi le mani e quindi farsi male ha l'unico scopo di non far male ad altri che, quotidianamente ed inconsciamente fanno male al resto del mondo, allora non solo è cosa buona ma è cosa dovuta, principalmente verso me stesso, smettere di essere masochista.

Che poi tutto questo possa non servire a nulla è quasi assodato, nel senso che di certo, da solo, il mondo non lo posso cambiare. Ma finché avrò la possibilità di provare anche solo a far ragionare, a mettere a conoscenza di certi fatti, a far cambiare idea ad una persona continuerò a dannarmi l'anima pur di portare avanti le mie idee, i miei pensieri e le mie convinzioni. 

E dato che questo è un post un po' avvelenato, non v'è canzone più adatta di questa a sintetizzare il mio stato d'animo. Incazzato, un po' stanco, ma ancora desideroso di andare avanti. 






domenica 22 febbraio 2015

Stigmatizzazione a priori & santificazione a posteriori - Breve storia della xenofobia

Statua in ricordo di Giordano Bruno




Razzismo, omofobia e odi religiosi, nonostante le tesi degli attuali politici, non sono i mali del XXI secolo. Hanno radici ben più profonde, probabilmente insite nella natura umana, che mutano nel corso dei secoli, assumendo diverse forme e diverse manifestazioni, e sono presenti a livello universale. Sarebbe oltre tutto un errore madornale legare a doppio filo questi mali all'ignoranza, perché se si può anche accettare come dato di fatto una stretta correlazione tra alcune forme di odio per il diverso e l'ignoranza e l'ottusità, è altresì vero che non tutte le xenofobie germogliano negli aridi campi della mancanza di cultura e di intelligenza. Ne sono esempi le rivoluzioni scientifiche, ovvero i passaggi da un paradigma scientifico ad un altro da parte della comunità intellettuale. Un passaggio tutt'altro che indolore, che vede come primi promotori esponenti che hanno conosciuto molte gogne prima di poter essere riconosciuti come luminari. Galileo, Copernico, Darwin, Tesla, Einstein, Von Daniken, tutti perseguitati, tutti considerai matti, tutti osteggiati. E non dagli ignoranti, ma da persone intelligenti quanto loro. Come spiegare ciò?

Come scritto in precedenza la xenofobia è un qualcosa di riscontrabile a livello globale, a qualsiasi latitudine, ma soprattutto in tantissime differenti forme. Fanno scalpore l'omicidio, il genocidio, la ghettizzazione, la segregazione, ma pensare che dietro a questi non vi sia un processo che è passato per diverse tappe, collocabili in un arco di tempo più o meno ampio, sarebbe estremamente riduttivo e pressapochista. Forse l'unico razzismo che è nato da un giorno all'altro è quello che ha visto come carnefici i coloni europei in America e come vittime i deportati dall'Africa, diventati merce da vendere ai proprietari terrieri, ai padroni delle miniere, agli impresari edili. Un uomo diventa merce, un altro uomo paga un altro uomo ancora per avere l'uomo-merce. E già questo particolare processo rende il razzismo in America, ed in particolare negli Stati Uniti, un caso limite, che merita delle analisi specifiche, e che in certi sensi rappresenta l'eccezione che conferma la regola. Perché gli Ebrei durante il nazi-fascismo non sono stati perseguitati da un momento all'altro, e la loro persecuzione non si può ricondurre esclusivamente all'ideologia hitleriana; perché la persecuzione nei confronti dei cosiddetti "eretici" non è stato un fenomeno estemporaneo, e prima del suo intensificarsi ha avuto una storia lunghissima, che ha coinvolto l'Europa intera, le coste settentrionali dell'Africa, il Medio Oriente. 

Ed anche certe religioni, certe credenze, certe superstizioni sono figlie di processi di lungo corso: l'uccisione degli albini in Africa, le condanne religiose nei confronti dei sodomiti, l'aberrazione delle malattie psichiche e delle deformità. Fino ad arrivare alla persecuzione di qualcosa che non è riscontrabile a livello esteriore o nei comportamenti, ma nel modo di pensare, di parlare, di ragionare: le persecuzioni politiche, che tanto hanno animato il Novecento, hanno radici antichissime e che, se ancora oggi sono in grado di alimentare odi ideologici è perché sono sempre state in grado di attecchire in un terreno estremamente fertile. E quale altro terreno può essere, questo, se non la natura umana? 

Quanti personaggi storici e religiosi sono stati uccisi perché diversi, perché fuori dagli schemi? Gesù era diverso, Giulio Cesare era diverso, i santi erano diversi, Martin Luther King era diverso, John Lennon era diverso. Con il passare dei decenni o dei secoli ci si è poi ritrovati a chiedere scusa ed a sostenere che tutti questi diversi erano nel giusto mentre i normali erano nel torto, e probabilmente questo processo si perpetuerà ancora per molti anni a venire, proprio perché ben insito nel nostro inconscio. Perseguitati da vivi, incensati da morti, fino ad elevarli a divinità, a miti, a leggende. E, paradossalmente, in alcuni casi oltre al danno c'è la beffa: gli osteggiati in vita, osannati da morti, a volte si ritrovano a loro malgrado ad essere il feticcio da venerare e da difendere da nuovi diversi che portano avanti un nuovo modo di pensare, di vivere, di fare scienza. E così ogni teoria che va contro l'evoluzionismo ed il creazionismo viene osteggiata, ogni corrente di pensiero che va contro il Cristianesimo è il Male. Del resto anche il rock n' roll si è provato ad ucciderlo nella culla, ed ironia della sorte è stato ammazzato in seguito dai suoi seguaci, perché ormai si era trasformato, era diventato altro. A livello macrosociale tutto ciò è ben visibile, ma la xenofobia è riscontrabile anche nei rapporti interpersonali di ogni singolo individuo. Andare oltre, andare avanti, evolversi è ciò che più spaventa ogni uomo e donna, ed è molto più facile prendere le distanze da chi è differente e nuovo e che in sé incarna il futuro anziché rimanere in un contesto che si considera amico solo perché conosciuto, ma che in verità soffoca ogni propria aspirazione al migliorarsi. 

Ci vorranno decenni prima che vengano pre-datati eventi significativi nell'evoluzione e nell'espressione dell'uomo (la costruzione delle piramidi, la comparsa dell'uomo in America), ci vorranno decenni prima che si possa considerare possibile la nostra provenienza extra-terrestre, ed anche quando queste ipotesi verranno accettate andando a creare un nuovo paradigma scientifico, assisteremo allo stesso processo che si verifica puntualmente da migliaia di anni: quand'anche ci saranno prove che potrebbero modificare il prossimo paradigma, si assisterà nuovamente ad una persecuzione, ad un osteggiamento, ad un rigetto. 

E' umano, a quanto pare, odiare il diverso, averne paura. Ma sono umane anche le diversità nel colore della pelle, nell'orientamento sessuale, nel modo di concepire il trascendentale, nel pensiero, nella scienza, nel gusto artistico. Sembra però che sia più facile rinunciare a queste ultime peculiarità dell'essere umano anziché alla xenofobia. Forse perché, sotto sotto, molti considerano il diverso superiore e non inferiore a loro, e quindi da combattere, da eliminare, da relegare, per poter continuare a perpetuare il loro essere inferiori. Inferiori, ma tranquillamente e disumanamente normali.

Preferisco di gran lunga le storie sbagliate, quelle che per la maggior parte delle persone sono senza senso, senza morale, senza pudore. Le preferisco, perché nella loro diversità c'è il loro essere speciali, c'è il loro essere policromatiche all'interno di un contesto grigio, c'è un barlume di futuro, di ignoto, che adorerei scoprire, adorerei esplorare. E forse è proprio questa la spiegazione delle parole del Cristo: "Gli ultimi  (perché diversi) saranno i primi"...





mercoledì 28 gennaio 2015

"Arbeit macht frei": stermini ed alienazioni



Il 27 gennaio di settant'anni fa le truppe dell'Unione Sovietica sfondarono i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz, il più noto campo di sterminio del Terzo Reich. Insieme a Birkenau e Monowitz ha rappresentato il più grande orrore del dominio nazista in Polonia, la quale, senza volerlo, è diventata la sede della "soluzione finale". Ad Auschwitz ed in tutti i campi hanno trovato la morte milioni di ebrei, zingari, omosessuali, persone di colore, comunisti, partigiani, prigionieri politici, disabili fisici e mentali. Ma ovviamente, e giustamente, quando si parla di campi di sterminio si parla di Shoah, poiché si stima che siano stati circa sei milioni gli ebrei che sono morte tra filo spinato, camere a gas, morsi della fame, violenze, stupri e la loro totale deumanizzazione. 

Perché è questo ciò che più dovrebbe far riflettere, quando si parla di campi di sterminio nazisti: la deumanizzazione di chi veniva internato. Venivi innanzi tutto separato dalla famiglia, nel migliore dei casi quando venivi prelevato, nel peggiore (poiché a morire era la famiglia intera) durante lo smistamento tra i vari campi o tra i vari bracci dello stesso campo; in questo modo venivano negati totalmente i tuoi rapporti sociali, le tue relazioni, il tuo "essere per altri". Poi venivi spogliato di ogni tuo avere, dai vestiti alle fotografie, dai documenti ai pochi oggetti di valore che potevi avere addosso, e l'unica cosa che potevi indossare era una tuta da lavoro; in questo modo eri agli occhi di chiunque indistinguibile, anche perché i capelli ti venivano tagliati, la barba anche, e non vi era più modo di autodeterminarsi, di differenziarsi rispetto agli altri. Infine venivi privato del tuo nome, divenivi un numero, uno dei tanti. E chissà quanti si sono dimenticati, a causa delle sofferenze patite, il proprio nome, la propria storia, il proprio vissuto. 

L'uomo ha la necessità di distinguersi per, innanzi tutto, ritrovarsi giorno dopo giorno, riconoscersi, rincontrarsi, e poi per farsi ditinguere, ritrovare, riconoscere, rincontrare dagli occhi degli altri. Ma questo è stato assolutamente reso impossibile ad Auschwitz, così come negli altri campi di concentramento. E così, oltre alla violenza, all'odio, al Male, nei campi regnavano anche l'alienazione, l'annullamento. 

Solo a pensarci mi vengono i brividi, e credo che io in un contesto del genere impazzirei molto, molto in fretta. Perché in modo quasi naturale spesso, a partire dal corpo, ma senza alterarlo, mi sono trovato, da sempre, a distinguermi dagli altri: da quando ho quattro anni ho periodicamente portato i capelli lunghi, da quando mi sono spuntati i primi peli sul viso ho quasi sempre tenuto la barba, e mai ho pensato a rasarmi il petto, tanto meno le braccia o le gambe. Mi son sempre ritrovato nel mio aspetto, e spesso il mio aspetto mi ha contraddistinto in vari ambiti, rendendomi anche, in certe circostanze, ad essere oggetto di prese in giro e di scherno. Allo stesso tempo ho comunque sempre cercato di essere coerente al mio aspetto, poiché quest'ultimo dev'essere lo specchio dell'essenza. Ecco, quei milioni di detenuti dei campi di concentramento sono stati privati del loro aspetto, del loro specchio, è stata negata loro la possibilità di mostrarsi agli altri. E per gli Ebrei il discorso era già cominciato quando ancora erano "liberi", ma ghetizzati nelle grandi città europee dominate dal nazismo. Può sembrare un discorso inutile, poco importante di fronte all'orrore dei numeri a sei zeri che rappresentano le vittime della follia di Hitler. Ma si ricade nello stesso discorso: i morti sono numeri, non una lista infinita di nomi. Pensate se anziché dirvi: "durante l'egemonia nazista, in Europa sono stati perseguitati ed uccisi quindici milioni di ebrei", vi dicessero" "L'egemonia nazista, che ha perseguitato per dodici anni gli ebrei, ha portato alla morte di Aaron, Marco, François, Yvonne, Mary, Catiuscia, etc etc", e per ogni nome vi venisse raccontata la storia che quel nome ha rappresentato. Per qualche mese, per alcuni anni, per mezzo secolo. Certo, sarebbe una cosa lunga raccontare 15 milioni di storie. Ma penso ne basterebbero due o tre per capire chiaramente che piaga assurda sia stato Adolf Hitler (ed i suoi alleati italiani e spagnoli) per il mondo intero, quanto sia assurdo rievocarlo adesso, quanto sia malato il provare a giustificare i campi di concentramento richiamando gli errori di altri (leggasi foibe o gulag); perché sia chiaro, non è che se qualcun altro sbaglia automaticamente cancella il tuo errore, semplicemente mostra al mondo che anche lui ha i suoi terribili scheletri nell'armadio. 

L'alienazione è una delle più pericolose meccaniche che possa investire un uomo, una comunità, una categoria, una nazione intera. E fa strano pensare che un filosofo tedesco dell'800, George Hegel, abbia parlato di alienazione portata dal lavoro industriale, dall'impossibilità dell'operaio, una volta inserito in catena, di riconoscersi in ciò che produce. Che sia salariato come nelle fabbriche o che sia forzato, imposto, fino a renderlo causa di morte nei campi di sterminio, poco cambia. E fa ancora più strano pensare a come un assioma della filosofia del cristianesimo protestante sia stato leggermente modificato e reso il manifesto di Auschwitz: Arbeit Macht Frei, Il lavoro rende liberi. E del resto il protestantesimo ha aperto la strada proprio alla soggiogamento dell'operaio durante le rivoluzioni industriali: caro fedele, vai e spaccati la schiena sedici ore nelle fonderie, al telaio, nelle miniere; soffrirai la fame, vivrai in miseria, morirai giovane; ma tranquillo, c'è il paradiso che ti aspetta. E sempre il protestantesimo ha dato modo agli industriali di essere il più spietati possibile, perché se è vero che nella dottrina protestante si parla di non-importanza degli atti compiuti in vita, è anche vero che se quando la morte ti coglie lo fa circondata dalle tue ricchezze, il tuo posto in paradiso non solo sarà confermato, ma reso ancora più meraviglioso dagli optional che potrai "comprarti" con i tuoi tesori terreni. Roba da pazzi, no!?

E tutto ciò cosa ha portato? Ha portato a ridurre ad oggi il ricordo unanime, il cordoglio periodicizzato, lo stringersi attorno a chi ancora porta i segni di questa mattanza. Ma ci si dimentica di tutto ciò il giorno dopo, oltre a neanche rendersi conto che i segni di questa mattanza ce li abbiamo ancora ben visibili addosso. "Il fascismo è una diretta conseguenza del capitalismo", tant'è che ne abbiamo le dimostrazioni ogni giorno. Cos'è il fondamentalismo islamico? Fascismo. Cos'è l'interventismo americano in ogni zona del mondo che non accetta di sottostare alle sue leggi di mercato? Fascismo. Cos'è il massacrare psicologicamente milioni di lavoratori in Italia, costringendoli o a lavorare fino a pochi anni dalla morte naturale o mettendoli nella condizione di non lavorare mai, perché lavoro non ce n'è, o meglio non lo si vuole rendere disponibile, perché gli investimenti vanno indirizzati in settori che interessano a pochi, a volte a nessuno, anziché per sfruttare terreni fertili in grado di fornire lavoro e benessere a tutti? Fascismo (Ah già, però il fascismo in Italia ci ha dato le pensioni, "Mussolini ha scritto anche poesie" e le opere di bonifica ci hanno regalato la splendida Latina. Il fascismo ha fatto anche cose buone, già, me ne dimentico sempre, e di conseguenza è una cosa meravigliosa...).

Sfruttiamole a pieno, queste giornate di commemorazione: che sia la giornata in ricordo della Shoah, che sia la Festa dei Lavoratori, la Festa della Donna, la Festa della Liberazione. Sfruttiamole a pieno, risvegliamo i nostri interessi riguardanti le dinamiche che hanno portato alla necessità di queste giornate... forse un giorno saranno inutili, e lo spero davvero. Quando diventeranno inutili sarà perché sono stati così interiorizzati i motivi che le hanno determinate e le cause che portano avanti, che saranno un elemento innato di ognuno di noi. 

E' un po' come quando sostengo che sarebbe meraviglioso non si dovesse più parlare di pace... significherebbe che la guerra è soltanto uno spettro ormai anni luce lontano dall'attualità.


Dall'album Arbeit Macht Frei degli Area ho scelto questa canzone, dedicata al popolo palestinese, che da settant'anni, anche a causa del genocidio degli ebrei, si ritrova a vivere una condizione alquanto simile. E che faccia riflettere questa cosa, perché è un cerchio, è un effetto domino. Oggi A è carnefice e B è vittima; il giorno dopo B è carnefice e C è vittima, e così via.. spero che non si arrivi alla fine dell'alfabeto, spero non si "ripassi dal via", perché se succederà credo saranno ben poche le persone che potranno ancora testimoniarlo. 



Stefano Tortelli

lunedì 26 gennaio 2015

"A morte i razzisti", firmato: I razzisti

Questa non è l'immagine alla quale, nel post, faccio riferimento. Il "Questa si è integrata!" dovrebbe far quanto meno riflettere.



Vorrei capire i processi mentali che portano i razzisti ad essere i primi a scandalizzarsi, ad offendersi, a piagnucolare quando il razzismo viene perpetrato nei loro confronti. Dev'esserci qualcosa di malato, altrimenti non si spiega. Come non si spiega che questi strumentalizzino certe dichiarazioni per gettare fango su un'ideologia che, ed è risaputo, tutto è tranne che razzista, ma che, guarda caso, deve sempre fare ben attenzione quando certi suoi esponenti si lasciano andare a certe dichiarazioni. 

Ma facciamo un attimo di chiarezza, spiegando da cosa nascono queste mie perplessità e, soprattutto, queste assurde incoerenze (o almeno io le considero tali). Oggi è stata diffusa la notizia della morte di Dacia Valent, donna italo-somala di cinquantadue anni che per diversi anni è stata europarlamentare del PCI. Figlia di un diplomatico italiano e di una principessa somala, ha assistito all'uccisione da parte di un gruppo di neofascisti quando aveva sedici anni, portandola ad essere una fiera esponente dell'anti-razzismo in Italia, in un periodo, tra l'altro, in cui vedere persone aventi la pelle di un altro colore era cosa rara all'interno dei nostri confini, quasi folkloristica. Ciò che però l'ha avvicinata alla politica, in un periodo in cui, è DOVEROSO ricordarlo, il PCI era totalmente allo sbando, è stata la sua denuncia nei confronti dei suoi colleghi di polizia in seguito al loro mancato intervento quando venne aggredita con movente razziale: e si sa come funziona la politica d'immagine, quando qualcuno può portare voti per un gesto eclatante si fa a gara per portarlo dalla propria parte; senza andare troppo il sottile, senza capire se può davvero rappresentare gli ideali oltre che portare voti. Venne poi espulsa da Rifondazione Comunista quando andò al congresso di Alleanza Nazionale, desiderosa di diventarne esponente (ed ovviamente qui c'è qualcosa che non torna, no!?); finì poi anche in carcere, la Valent, con l'accusa di aver tentato di uccidere il suo convivente che aveva il vizio di massacrarla di botte. Infine, convertitasi all'Islam, ha fondato un movimento islamico considerato integralista, il quale, almeno dal nome, tutto mi fa pensare tranne che ad una posizione fondamentalista: Islamic Anti-Defamation League. 

In tutto ciò si è lasciata alla seguente dichiarazione shockante: "Italiani bastardi, italiani di merda. Che possano i loro figli morire nelle loro culle, o non essere mai partoriti". Scandalo, orrore!! Solo che queste sono le parole di una donna che: ha visto, come detto, uccidere il proprio fratello da dei neofascisti ITALIANI; è sicuramente venuta a conoscenza degli orrori e dei soprusi perpetrati nei confronti dei somali da parte degli italiani durante la Campagna Coloniale del Regio Impero Italiano; ha subito la discriminazione quotidianamente, dai banchi di scuola fino ai suoi stessi colleghi che anziché proteggerla hanno lasciato fare agli aggressori... tanto è una negra... 

Ma ovviamente cosa succede sul web, specchio più affidabile della natura dell'italiano medio e contenitore dei più beceri sfoghi, figli di mamma ignoranza e papà razzismo? "Brucia all'inferno, puttana!", giustificato da commenti ancora più vuoti ed assurdi, ma soprattutto partoriti da menti che, quando affonda un barcone tra le coste dell'Africa e Lampedusa, esultano, godono, vanno davanti allo specchio e si dicono: "Minchia che bel maschione italiano che sono! Mo me faccio 'na birra, alla faccia di quei negri di merda. E speriamo che ne affondino altri".

Perché sì, è uno schifo che qualcuno generalizzi, anche quando tutto sommato ci sarebbero tutte le scusanti del caso, ma ancora più schifo mi fa l'indignazione di chi fa gli stessi discorsi. Gli aggettivi son sempre gli stessi, cambiano i soggetti ai quali gli aggettivi sono rivolti, cambiano i soggetti che aprono la bocca. Ma quanti di questi hanno visto il proprio popolo massacrato, che so, dai "negri"? Nessuno. Quanti hanno visto il proprio fratello, figlio, sorella, quel che volete, ucciso perché a differenza degli assassini era italiano? Nessuno. Chi ha subito discriminazioni razziali, tra questi, da parte di gente di un colore di pelle o di una provenienza diversa? Nessuno.

Ecco dove sta il problema. Una generalizzazione, quando è a caldo, quando è figlia del dolore, quando è lo specchio di occhi che hanno visto orrore ovunque, è sbagliata ma ci può stare. Quando invece è figlia di una supposizione, ovviamente sbagliata, di superiorità solo perché la donna che ha male educato il proprio figlio è cittadina di un Paese ricco, allora è SEMPRE sbagliata, con l'aggravante del fatto che a voi, i neri, non hanno fatto niente. A voi, gli ebrei, non hanno fatto nulla, come non vi han fatto nulla gli islamici, i cinesi, i sudamericani e via dicendo. 

Solo che vi brucia il culo, dovete sfogarvi contro chi ha ancora meno voce di voi, che già poca ne avete (come poche sono le vostre palle), proprio perché sapete che nulla potrà farvi, perché è così debole, indifeso e non tutelato che potete dirgli e fargli quel che vi pare. 

Chiudo con il dire che trovo vergognoso avvicinare queste dichiarazioni al Partito Comunista Italiano, a Rifondazione Comunista ed al comunismo in genere: questa è semplice e becera strumentalizzazione da parte di chi sa di puzzare di odio e pregiudizio fino al midollo ma che accusa chi è mille volte superiore (ideologicamente parlando) a lui di aver sofferto di un attacco di aerofagia. 

Non capisco, fatico davvero, e forse sarebbe anche il caso, davanti a cotanta incoerenza, davanti a questi sfoggi di ipocrisia mista a disinformazione, approssimazione e, logicamente, una malata mentalità di destra, alzare bandiera bianca... 

Ma sin da piccolo canto "Bandiera bianca la vogliamo, no!", per cui resto fedele alla mia. Però davvero, certe volte verrebbe voglia di intonare un coro con Battiato.




Stefano Tortelli