Domani sarà l'8 marzo, la "Festa della Donna", una ricorrenza che ha importanza storica e politica, un giorno nel quale si dovrebbero esaltare le conquiste fatte in campo lavorativo e sociale da parte delle donne e degli uomini che con loro e per loro hanno lottato. Dovrebbe dunque essere un giorno di estrema unione tra le due "parti", una data sul calendario nella quale manifestare insieme l'uguaglianza sociale che riguarda le femmine ed i maschi. Dovrebbe essere questo, ma in verità è tutt'altro. E forse, in parte, è anche dovuto ad una parola che è stata mantenuta al singolare anziché venir riportata al plurale: "Festa della Donna" anziché "Festa delle Donne". Potrebbe anche sembrare un dettaglio, ma sottovalutare il potere della parola è un errore estremamente pericoloso.
Di fatto, la prima Festa della donna è da collocarsi a New York e si è tenuta il 28 febbraio 1909, in seguito alle forti lotte sindacali che animarono la città statunitense già dal novembre dell'anno precedente: uno sciopero voluto dal Partito socialista americano che coinvolse principalmente ventimila camiciaie e che fu una delle prime grandi mobilitazioni "di genere" avvenuta dopo il VII congresso della II internazionale socialista del 1907, che si prefisse come obiettivi principali l'estensione dei diritti civili, lavorativi e sociali alle donne. Donne in quanto lavoratrici come i loro colleghi uomini, non donne in quanto femmine, visto che si chiedeva alle donne lavoratrici di allearsi agli uomini della stessa classe per conseguire i propri obiettivi e non appoggiandosi alle borghesi che reclamano il diritto di voto non tanto perché femmine quanto perché ricche. L'8 marzo 1917 scesero in piazza, a San Pietroburgo, migliaia di donne che reclamavano la fine della prima guerra mondiale e che vengono ricordate, per la loro azione e per quelle che ne seguirono, come le eroine della Rivoluzione di febbraio. E' quindi molto più probabile che l'8 marzo sia stato scelto per queste ragioni e non per commemorare la morte di 123 donne durante un incendio in una fabbrica newyorkese (che non si è verificato un 8 marzo ma il 25 marzo del 1911). Solo che farla passare come la ricorrenza delll'accidentale morte di donne operaie, per di più immigrate, negli Stati Uniti anziché riportare la verità ed asserire che ricorda la Rivoluzione di febbraio che diede il via alla Rivoluzione bolscevica ed al successo del comunismo in Russia non fa comodo a nessuno.
E dopo aver demolito il luogo comune in ambito storico, credo sia giusto passare alla questione principale, a quella del primo capoverso, al Donna anziché Donne. Come in tutte le cose, parlare al singolare di una categoria, che sia di persone, di oggetti o di idee e pensieri, porta inevitabilmente ad una generalizzazione, ad una stereotipizzazione, al crollo delle individualità e dei vari casi che animano la categoria in nome del cliché che si vuole promuovere. Ed è così che la donna che va celebrata cambia a seconda della situazione storica: se prima si esaltava la donna lavoratrice, che combatteva fianco a fianco all'uomo per conquistare un bene comune, che poteva, partendo da una situazione di parità, ambire, utilizzando gli stessi canali di accesso, ad una posizione lavorativa, allo studio, al diritto di manifestarsi dove più desiderava e venendo valutata soltanto in base alle capacità che dimostrava di avere per un determinato impiego, ora si celebra la donna arrivista, prevaricante, che attraverso il suo essere femmina può scalare le posizioni comportandosi secondo i cliché che hanno gettato un'onta millenaria su tutte le donne del mondo. Le donne sono sempre state insultate, come nella religione così nella dimensione temporale, e sempre si sono trovate in una posizione di subordinazione nei confronti dell'uomo in quanto padre-marito-padrone, unico membro della famiglia ad avere diritti nella società ed unico detentore di diritti nell'ambito familiare. Servitore della patria ma re della famiglia. E le donne erano schiave, erano oggetti, erano troie, erano streghe, erano veicoli di malattie. Erano volgari, immorali. Erano il male.
C'è una cosa che mi fa profondamente tristezza ma che tutto sommato non mi stupisce dato il nuovo Medio Evo nel quale ci troviamo. Domani sera parecchie donne, come se fossero in permesso premio dalla galera della vita quotidiana, andranno a festeggiare la Festa della Donna con un rancore enorme dentro, comportandosi come da copione, esaltando gli stereotipi che da sempre le perseguitano ma sapendo che, per un giorno all'anno, godono di totale immunità. Insulteranno gli uomini, li malediranno, li useranno come oggetti, attuando la classica eccezione che conferma la regola, dando adito agli uomini gli altri trecentosessantaquattro giorni di fare ciò che è loro solito fare perché consapevoli che senza il giogo che sempre mettono alla loro donna, questa si comporta nel peggiore dei modi. Ed io mi chiedo: ma che bisogno c'è? E' così difficile comportarsi come i MIGLIORI umani (siano uomini o donne) ogni giorno e deprecare i comportamenti delle peggiori donne, non difendendole a prescindere perché femmine ma denigrandole in quanto essere umani che agiscono in modo sbagliato? E' così complicato per una donna giusta trovare l'uomo giusto e non dover così subire imposizioni, costrizioni, non dovendo così delegare ad un'altra persona il proprio potere decisionale? Dove sta l'inghippo, qual è il reale problema?
Il reale problema sta nella mancanza di valori bipartisan che attanaglia gli ultimi trent'anni, la continua ricerca di un nemico comune da distruggere, senza pensare alle persone con le quali ci si schiera e senza considerare che forse anziché distruggere bisognerebbe prima di tutto migliorare se stessi. E migliorare se stessi significa lasciar cadere gli stereotipi che per anni hanno rivestito la persona in questione, che sia la donna, l'operaio, il comunista, lo studente, significa autodeterminarsi secondo la propria coscienza e non perché facenti parte di una categoria. E significa saper distinguere i comportamenti positivi e negativi della fazione a noi avversa per comprendere cosa veramente combattere, e quindi chi veramente combattere, e cosa invece mutuare, e quindi chi invece considerare proprio alleato anche se diverso da noi.
Le donne non sono tutte puttane e gli uomini non sono tutti stronzi. Ci sono tante donne migliori di tanti uomini e tanti uomini migliori di tante donne. E non in base alla loro appartenenza ad un genere anziché un altro, ma in base alle proprie facoltà intellettive, alle proprie conoscenze, alla propria sensibilità, alla propria consapevolezza di sé.
Farne una questione di genere è l'ennesimo errore, è stato il fallimento del femminismo, è stato l'ennesimo sbaglio di un certo tipo di fare politica. "Siamo donne, oltre le gambe c'è di più". E' vero in tanti casi... ma è proprio durante la Festa delle donne che si dovrebbe esaltare ancora di più questo slogan.
E per finire, io continuo a pensarla come i latini che coniarono, seppur non letteralmente, il detto "Dietro ad ogni grande uomo c'è una grande donna", e che sarebbe meraviglioso potesse diventare simmetrico. E se guardo la mia biografia, le mie radici, il mio vissuto, di grandi donne ce ne sono state e ce ne sono. A partire da mia madre e dalle mie nonne, donne estremamente forti, coraggiose, intelligenti, dedite al lavoro, alla famiglia, alle passioni; mia zia Daniela, che nonostante abbia avuto una vita difficile in infanzia ha saputo autodeterminarsi, affermarsi, trovare l'uomo giusto e creare una bellissima famiglia dalla quale è nata mia cugina Silvia, che come tanti giovani combatte ma che non si è mai arresa; ad alcune delle ragazze che ho frequentato e che mentre erano con me hanno perseguito i loro sogni, i loro obiettivi, e non importa che si siano poi arenate, ma mi hanno mostrato come in tutto e per tutto erano come me, che di differenze non ce n'erano; o come la mia amica Chiara, che ha saputo affrontare dei dolori enormi con grande forza, con estrema intensità, trovando sempre un motivo per sorridere, o come Corinne che da quando è nata ha un sogno e che finalmente sta per raggiungerlo dopo aver lottato e combattuto per poterlo realizzare. Grandi donne ci sono state e ci sono ad animare le mie giornate, e spero che troverò altre grandi donne lungo il mio cammino.
Alcune c'erano già, altre si son fermate per un periodo, altre ancora ci sono da tanto. Altre ancora verranno, passeranno, si fermeranno, resteranno. Ed a tutte le Donne con la D maiuscola, e non solo quelle pensate con amore, "io dedico questa canzone".
Stefano Tortelli
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