domenica 19 aprile 2015

Acousteen: artista, fan, devoto al Boss fino al midollo... e grande amico





Nella tarda mattinata di venerdì 10 aprile, mentre mi stavo preparando per pranzare e poi andare a scuola ad insegnare, mi è arrivato un messaggio su Facebook che più o meno recava queste parole: "Ehilà, carissimo! Stavo pensando: ma se stasera provassimo a fare un duetto su Desolation Row/Via della povertà, così, alla buona? Tu canti De André, io Bob, tre strofe a testa, la si improvvisa, così, su due piedi." Un bel modo per cominciare la giornata, un bel modo per prepararmi ad una serata che mi incuriosiva parecchio. Ivan, un carissimo mio amico, l'autore di quel messaggio, avrebbe suonato da solo, con le sue chitarre e le sue armoniche, in piazza a Vigone, davanti ai suoi amici, ai suoi conoscenti, ai suoi familiari, le canzoni di uno dei suoi miti. Facendole, come si suol dire qui in Piemonte, "alla sua maniera", in acustico.

Il mito in questione risponde al nome di Bruce Springsteen, un artista che per molto tempo Ivan aveva sì apprezzato ma mai particolarmente approfondito: un po' come una persona che incroci tante volte in giro, o in birreria, con la quale capita anche di scambiare due parole ma senza andare oltre a discorsi che possono anche essere seri ma mai personali. Poi però è cambiato qualcosa: Ivan andò per la prima volta a sentire un concerto del Boss e ne rimase folgorato, rapito, colpito. Bruce l'aveva fatto innamorare, era finalmente entrato nel profondo, aveva scosso le sue emozioni, la sua mente, il suo cuore. Fu la sua via di Damasco, quel concerto, e da allora ha sempre più approfondito la conoscenza del rocker del New Jersey, andando a sentirlo più volte possibile live, studiandoselo a casa con in mano la chitarra e lo stereo a palla, parlandone per ore con le sue ragazze, i suoi amici, me. 

Una sera, mentre eravamo all'Orso, quello che è il rifugio di noi amanti di campagna della birra e della buona musica, non ricordo come cominciammo a parlare dell'interpretazione, delle cover, del provare a cantare un artista e "come un artista". Ricordo che entrambi sottolineavamo la difficoltà oggettiva nel riuscire a cantare come Dylan, come De André, come Guccini, come Springsteen: avevamo del resto lo stesso sogno, lui ed io, un sogno mosso dalla stessa passione, anche se rivolto a due artisti differenti. Lui avrebbe tanto voluto fare un one man show riproponendo Dylan, io avrei voluto dar vita ad una cover band acustica di De André e Guccini. Già però in lui aleggiava l'idea di cambiare meta e dirigersi verso Springsteen, ma per l'appunto mi sottolineava come fosse difficile, impossibile, riprenderlo, riproporlo tale e quale. Voce bastarda, quella di Springsteen, e del resto vale la stessa cosa anche per gli altri tre citati, vale la stessa cosa per un altro mito come Cohen, e perciò era quasi convinto che non avrebbe perseguito ancora per molto quel sogno. Ma dopo qualche birra ed un'ora di chiacchiere pensai al mio rapporto con De André e Guccini, pensai a come io abbia cominciato a cantarli bene quando ho preso coscienza del fatto che non avrei mai potuto ottenere il loro stesso risultato ma che, facendomi muovere dalle loro stesse motivazioni, sarei riuscito a renderli al meglio: non avrei più cantato i pezzi di De André e Guccini come De André e Guccini, avrei semplicemente cantato De André e Guccini. Mi ricordo che gli dissi: "Se vuoi cantare come Bruce parti già sconfitto, non perché non ne sei in grado ma perché, comunque vada, già solo perché avete due voci diverse, due accenti diversi, il risultato non potrà mai essere quello. Ma se lo canti, se vuoi cantare Bruce, se vuoi emozionare attraverso le sue canzoni, allora è sufficiente che tu percepisca le sue canzoni come se fossero tue. come se le avessi scritte tu, come se stessero raccontando la tua storia. Perché non c'è altro verso: io finché ad alcune canzoni non ho dato una situazione di riferimento, un volto, un'emozione che le rappresentasse non sono mai riuscito a cantarle davvero. Le imitavo, ma non cantavo" .

Dopo qualche settimana ci ritrovammo a condividere molte serate insieme, in giro a sentire concerti, a bere, a confidarci, a far notte fonda. E talvolta anche a suonare, a buttare giù qualche idea: perché così funziona tra amici, così capita tra amici che oltre essere amici condividono anche le stesse passioni, e le vivono nello stesso modo. E così, tra un concerto e l'altro, una birra e l'altra, un apprezzamento ad una ragazza e le risate per l'ennesima cazzata detta, è venuta a crearsi una fortissima amicizia: in nome sì della musica, ma soprattutto in nome dei bellissimi momenti passati insieme e della stima reciproca. 

Da quella serata di inizio ottobre son passati sei mesi, tante birre, miriadi di cazzate e centinaia di canzoni canticchiate, ascoltate e suonate insieme. Ed intanto, lui che oltre a saper cantare sa anche suonare divinamente, ha continuato il suo percorso riguardante il Boss. Un concerto a marzo a Torino, uno meno di dieci giorni fa a Vigone. Suona anche alcuni pezzi del suo primo amore, Bob Dylan, durante il suo show, quando per due ore smette di essere Ivan Audero e diventa Acousteen. Ed a Vigone, quel venerdì 10 aprile, alla sera, ci siamo ritrovati un'altra volta con lo sguardo rivolto verso la stessa direzione, che incontrava altri sguardi fissi su di noi, pronti a guardare due amici che, per qualche minuto, mettono in gioco le loro emozioni sullo stesso pezzo, in due lingue diverse, così come fecero al loro tempo Bob Dylan negli Stati Uniti e De André in Italia. Ma mai era successo che lo facessero insieme, sullo stesso palco. Noi un palco vero e proprio non ce l'avevamo, ma le passioni di Bob e Faber abbiamo provato a riproporle al meglio in un paesino della provincia torinese. 


Ed oltre alla felicità di aver finalmente cantato De André davanti ad altre persone, durante un concerto, per la prima volta, quel venerdì sera ero estremamente orgoglioso. Non di me, ma di questo mio amico che attraverso la sua immensa passione e devozione per l'arte di Springsteen ha saputo riproporlo meravigliosamente, emozionandosi ed emozionando. Senza scimmiottare, senza pretendere di essere come Springsteen. Semplicemente, omaggiandolo al massimo delle sue possibilità, mantenendo la propria identità, raccontando sì la storia delle canzoni ma anche quel che quelle canzoni rappresentano per lui: il pensiero per suo padre legato a My hometown, sua nonna che gli chiede di fare quel pezzo che le piace tanto, i cenni riguardanti donne del passato e gli amici di sempre. Insomma, si è raccontato per due ore attraverso le canzoni del Boss, che però, se noi non avessimo saputo che erano del Boss, avremmo tranquillamente potuto dire: "Wow, gran bei pezzi ha scritto Ivan, boia faus!!". 

Questo è Ivan Audero. Queste sono le sue passioni. Questo è il progetto Acousteen. Questo è il mio amico.

Ps: forse direttamente non ti ho ancora ringraziato per avermi permesso di esserci, e non solo venerdì ma da qualche anno a questa parte e, soprattutto, in questi ultimi mesi. Grazie, Ivan! Ed ora basta con i sentimentalismi, mettiamo su un pezzo che sennò ci scende la lacrimuccia e non si addice a due uomini rozzi come noi! E visto che l'ho citata, e visto che nella tua "hometown" ci siamo conosciuti, direi che questa canzone ci sta tutta.





Stefano Tortelli







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