Visualizzazione post con etichetta vita. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta vita. Mostra tutti i post

giovedì 14 maggio 2015

"Giovanni e Nori. Storia d'Amore e Resistenza"... e di intrecci

Illustrazione estemporanea di Giulio Peranzoni durante "Sai com'è" dei Gang & Gaetano Liguori, alla fine dello spettacolo di Daniele Biacchessi "Giovanni e Nori. Storie d'Amore e Resistenza" 




12 maggio 2015. Alba, provincia di Cuneo. Sala Beppe Fenoglio. Alba-Fenoglio è uno di quei binomi che rimarranno nell'eternità delle memorie, della letteratura, della Resistenza. Perché Fenoglio prima di diventare un partigiano, uno scrittore, un narratore della lotta partigiana era un intellettuale, amante della filosofia, della lettura, della conoscenza. Ed era nato ad Alba, nel 1922, da una famiglia come tante, di classe sociale medio-bassa, che però desiderava dare ai propri figli una vita migliore insegnando loro la cultura sì del lavoro, ma anche della lotta sociale in nome del progresso comune. E questa è una storia comune, una radice propria di tanti giovani che, dopo il '43, si sono diretti verso le colline, con qualche vecchio fucile in spalla, poche cartucce nelle tasche ma una volontà, una passione ed un amore nel cuore più grandi di ogni fatica, di ogni sacrificio, di ogni paura. Fenoglio era ad Alba il 10 ottobre del 1944, quando "la presero in duemila", ed ad Alba era quando il 2 novembre "la persero in duecento". L'occupazione partigiana di Alba durò per meno di un mese, ma la sconfitta albese è una di quelle battaglie perse che non sono sinonimo di sconfitta in guerra. Perché a distanza di cinque mesi l'Italia sarebbe stata finalmente liberata, e Beppe, come altri intellettuali che hanno combattuto, ha raccontato nei suoi libri le sue esperienze, le sue lotte, gli intrecci continui tra amicizie, amori, fughe, avanzate. Il sapore del fango, l'umidità dei boschi alpini, la ricerca del cibo, l'assistenza dei tanti paesani che in quei giovani di grandi speranze ci credevano fermamente. Dopo la fine della guerra Fenoglio ebbe modo di conoscere Calvino, Vittorini, Natalia Ginzburg, grandi autori ma soprattutto grandi personaggi estremamente attivi durante la Resistenza. E nacquero così nuovi intrecci, reciproci aiuti, reciproche attenzioni, perché prima di qualsiasi altra cosa era fondamentale attestare ciò che in quegli anni successe: le generazioni future dovevano sapere, ricordare, tramandare ciò che era stato il Ventennio Fascista e cosa fu necessario per porre a questo nefasto periodo la parola fine. 

Sono degli intrecci, intrecci che sono alla base delle storie, da quelle più recenti alle più antiche della storia dell'uomo. Ed è una storia di intrecci quella che il 12 maggio 2015, ad Alba, nella Sala Beppe Fenoglio, è stata raccontata da Daniele Biacchessi: intrecci che, se osservati in modo superficiale, possono apparire casuali, ricchi di coincidenze, alquanto fortuiti. La verità è che ad avvicinare i fili delle vite dei personaggi che animano questa storia sono la Resistenza, l'amore per la propria patria, per i propri ideali; e l'amore nato tra i due protagonisti di questa "Storia d'amore e Resistenza" è stato partorito da un grembo fertile figlio anch'esso degli amori che hanno portato non solo i due fili ad incontrarsi ma ad intrecciarsi, perdersi, ritrovarsi per poi non lasciarsi più. Perché questa è la storia del compagno Giovanni Pesce e della compagna Onorina Brambilla: lui alessandrino, lei milanese. Pesce era emigrato con la famiglia in Francia durante i primi anni del Ventennio perché il padre, socialista, si trovò obbligato a lasciare l'Italia per dare un futuro alla propria famiglia. In Francia Pesce conobbe le miniere, le storie dei minatori, molti di loro come lui esuli, ed una volta maturo decise di partire per combattere la sua prima Resistenza, quella spagnola, con le Brigate internazionali e contro i Franchisti ed i nazi-fascisti. La perse la sua prima Resistenza, ed una volta tornato in Italia, poco dopo l'inizio della Seconda Guerra Mondiale, venne incarcerato a Ventotene perché antifascista. In prigione ebbe modo di arricchire ulteriormente la sua coscienza politico-sociale grazie ad uno strumento che ormai è fuori moda, ovvero il libro, ovvero il pensiero filosofico, ovvero la base di ogni grande azione dell'uomo. Dopo l'Armistizio raggiunse Torino e si unì ai GAP del capoluogo piemontese, e fu tra i più grandi partigiani che la città sabauda poté ammirare. E sicuramente ebbe paura più di una volta, sicuramente fu condizionato dall'incertezza di premere o meno un grilletto o di posizionare o meno un ordigno, ma la sua volontà, la sua voglia di libertà, la sua tenacia lo portarono ad agire sempre nel modo giusto. A Milano ci arrivò nel maggio del '44, dopo che, con il grande Dante Di Nanni, aveva sabotato un'antenna presieduta dai fascisti che disturbava le frequenze di Radio Londra. Di Dante Di Danni ho già parlato prima del 25 aprile, ma è fondamentale mettere in luce anche in questo caso un altro intreccio: quello che ha portato a combattere fianco a fianco due grandi partigiani, quello che ha fatto sì che la memoria del partigiano caduto potesse venir raccontata grazie al ricordo del partigiano sopravvissuto e che fino all'ultimo ha cercato di salvare la vita al proprio compagno. 

A Milano Pesce riorganizzò il gap locale, prese contatti con gli altri partigiani, cominciò a pianificare la resistenza. E conobbe Onorina, "Nori", una compagna che sarebbe diventata la SUA compagna. Nori fu però arrestata e portata nei campi di concentramento di Bolzano, Pesce rimase fino al giorno della Liberazione a Milano, continuando a combattere, con il cuore mosso non solo più dall'amore per la libertà ma anche dall'amore per la donna amata. Il 25 aprile 1945 Milano festeggiò la Liberazione, e pochi giorni dopo anche Nori poté raggiungere la città: perché i nazisti abbandonarono Bolzano, liberarono i detenuti, e per Nori, come se non fosse successo nulla nei venti anni precedenti, fu semplicissimo raggiungere il capoluogo longobardo: stazione di Bolzano, treno, Milano, tram, sede del GAP. Giovanni. 

Giovanni e Nori si sposarono due mesi dopo, e sebbene deposero i loro fucili mai smisero di maneggiare le armi della lotta sociale, della memoria, dell'impegno. Entrambi si impegnarono anima e corpo per l'ideale comunista, ma finalmente potevano farlo sempre insieme, fianco a fianco, fino alla fine dei loro giorni. 

Questa è la storia di Giovanni e Nori, questa è la storia che ci è stata raccontata da Daniele Biacchessi ad Alba. E limitarmi a citare soltanto la penna e poi voce che ci ha accompagnato lungo i fili delle vite di Giovanni Pesce ed Onorina Brambilla sarebbe uno sbaglio, perché porterebbe alla non citazione di un altro intreccio. Quello tra la letteratura e la lettura, rappresentate da Daniele Biacchessi, la musica dei Gang e di Gaetano Liguori e le illustrazioni di Giulio Peranzoni: un'opera multimediale quella andata in scena alla Sala Beppe Fenoglio, che ha coinvolto, commosso, scosso, e spero risvegliato in chi ancora ce l'aveva sopito il senso della propria esistenza, della propria voglia di essere, esistere, resistere. 

E, giusto per sottolineare una volta in più l'importanza degli intrecci, intrecci che sostanzialmente condizionano estremamente il processo del filo che ognuno di noi rappresenta, è importante sottolineare come le canzoni eseguite dai Gang siano esemplari per sì raccontare la Resistenza, ma anche per mostrare in quanti alla Resistenza hanno dedicato le loro note e le loro parole. Perché oltre a La pianura dei sette fratelli, brano immancabile quando si parla di Lotta partigiana e scritto dai Gang stessi, sono state cantate Dante di Nanni degli Stormy Six, Su in collina di Guccini, Sai com'è (testo scritto da Lolli) ed Eurialo e Niso di Bubola. 

La vita di ognuno di noi è il prodotto di milioni di intrecci, e la morale di questa storia risiede nel ricordare le storie di ieri, le memorie, gli avvenimenti che hanno fatto sì che ad un certo punto del nostro filo sia presente un nodo: uno dei tanti, forse, ma fondamentale per spiegare il motivo, insieme a tutti gli altri nodi, per il quale noi, adesso, in questo preciso istante, siamo quelli che siamo. 

Grazie a Daniele Biacchessi, ai Gang, a Giulio Peranzoni, a Gateano Liguori per il meraviglioso spettacolo, per avermi commosso nuovamente con le storie della Lotta partigiana che tanto amo leggere e raccontare ma che, mostrate così, hanno tutto un altro sapore. Grazie ad Alba che si è dimostrata sempre attenta al suo passato, alla memoria di uno dei suoi migliori figli e di ciò che lui, Beppe, ha rappresentato per Alba e per l'Italia intera. 

E grazie a voi, grandi uomini e donne che soprattutto tra il '43 ed il '45, ma anche prima e dopo, avete fatto sì che in Italia si possa ancora provare a pensare, a raccontare, a ricordare, a sperare, a vivere. 

Non posso che chiudere questo mio post con la canzone che raccoglie tutta la storia, che la sintetizza e ne mostra la morale più profonda, più intensa, più vera. Giovanni e Nori. Storia d'amore e resistenza, non poteva che concludersi con l'esaltazione di queste due sfumature di rosso, che da sempre e per sempre determineranno il percorso del mio filo e ne detteranno i futuri intrecci. 





Stefano Tortelli

giovedì 7 maggio 2015

Post numero 100: dedicato alle mie radici. A mia mamma ed a mio papà.






Questo è un post estremamente speciale, un post decisamente significativo, un post che potrebbe trattare di molti argomenti disparati se non fosse che rappresenta di per sé un traguardo importante, già di per sé insperato ma che mai avrei pensato di raggiungere in soli cinque mesi. E' il post numero cento, è il post delle tre cifre, è il post al quale, in senso metaforico, mi volto indietro e guardo il percorso già fatto. Come tutto è cominciato, il perché, il quando, il chi mi ha dato la spinta. Era il due dicembre quando aprii questo blog, e sotto le pressioni di Ivan qualche giorno dopo ho aperto anche la pagina Facebook ad esso dedicato. Poi è arrivata la pubblicazione dell'articolo su Finardi da Finardi stesso sulla sua pagina, i complimenti di molte persone che non conoscevo, e che proprio per questo ritengo estremamente sinceri, disinteressati, autentici. La stessa cosa è successa con quello dei Gang, poi è cominciata la collaborazione con Libera.tv, e sarebbe dovuta cominciare anche con ResetItalia non fosse stato per un problema di accesso al sito. Ma ci sono cose estremamente più importanti di queste, che sostanzialmente risiedono non tanto nella ragione dello scrivere, e tanto meno nel ciò che scrivo. Perché voltandomi indietro, di fronte a questo cento, sono andato anche più a ritroso, oltre al punto in cui la strada cominciava. E forse è ancora meglio definire il tutto come un fiume: dopo questi cento chilometri di corso d'acqua mi son girato, con le spalle rivolte verso la foce, ad osservare non solo la fonte, ma dentro la fonte. 

Nella fonte, nelle viscere più profonde che la animano, all'interno dell'immensa montagna che la ospita, ci sono due persone, c'è un amore, c'è la vita, il senso più profondo della vita. Perché alla base di tutto ci sono i miei genitori, mio padre e mia madre, le persone che mi hanno dato la vita, le persone che per prime hanno creduto in me, stimolandomi, spronandomi, a volte, forse, anche inconsapevolmente. Perché se è vero che idealmente io ora sono quel fiume, all'inizio di tutta la storia ero un animale che si abbeverava alla fonte, dissetava la propria gola con quella fresca e dolce acqua, così pura, così limpida, così meravigliosa. Mi rendo conto di non aver citato molto spesso Luciana e Marco, preferendo magari dedicare qualche riga in più alle professoresse di italiano, a mia nonna, agli amici, alle relazioni che mi hanno, nel bene e nel male, portato ad essere la persona che sono, con i miei pregi e con i miei difetti, ed anche con le mie contraddizioni. Ma tutta la sostanza, e soprattutto buona parte della forma, le devo a quella donna e quell'uomo che nell'amore mi hanno concepito, nell'amore mi hanno fatto nascere, e con amore mi hanno cresciuto, preferendo ai giudizi i consigli, premettendo sempre che le eventuali difficoltà, le eventuali rinunce, gli eventuali rimproveri, erano, innanzi tutto, atti d'amore, e non di odio. E, cosa più importante di tutte, per lo meno in questa prima parte della loro descrizione, è stato il loro darmi la possibilità di sbagliare, di sbagliare di testa mia, mettendomi nella condizione di aver sì la libertà di fare, ma anche di essere consapevole del fatto che, come da solo agivo, da solo avrei sbagliato. Mi hanno fatto il dono più grande dell'universo, la responsabilità: nei confronti di me stesso, in primis, ma anche nei confronti del mondo che mi circonda. 

In queste ultime due settimane ho avuto molte occasioni per parlare di me, della mia storia, del mio trascorso, perché in questo lasso di tempo, che sono sicuro si dilaterà con il passare dei giorni, ho potuto passare diverse ore con una persona estremamente curiosa, molto intelligente, e che soprattutto non mi conosceva minimamente e che non ha avuto alcun pregiudizio durante il suo percorso di avvicinamento. Così, più che sottolineare ciò che faccio, ciò che anima le mie giornate, il più dei discorsi hanno avuto come oggetto ciò che ho fatto, ciò che mi ha caratterizzato in passato. Del resto ognuno di noi è, nel presente, perché figlio di ciò che in passato ha fatto, e sarà, un giorno, in base a quel che oggi fa: le esperienze, il buono ed il cattivo, le influenze esterne, le varie prese di coscienza nei diversi momenti della vita. Ed andando sempre più a ritroso, a volte saltando a piè pari alcuni periodi per riuscire ad arrivare ai punti focali (visto che quando si sta bene il tempo sembra avere sempre una marcia in più...), non ho potuto evitare di citare la base, il sostegno primario, gli esempi fondamentali, l'ispirazione essenziale. I miei genitori, Marco e Luciana, sono due persone che hanno avuto un percorso estremamente diverso prima di conoscersi, che però, allo stesso tempo, li ha portati ad essere sufficientemente simili per essere compatibili al punto tale da stare insieme da trentacinque anni ed amarsi come se fosse ancora il primo giorno. E forse è proprio nell'amore che hanno trovato continue motivazioni per preservare la loro essenza: perché loro sono tra le poche persone che ancora ragionano attraverso i "nonostante", che quando si dicono "Ti amo" non pensano più di tanti ai mille motivi per cui si amano ma, consci del fatto che logicamente c'è sempre qualcosa di soggettivamente imperfetto nell'altra persona, sanno che il loro è un "Ti amo nonostante...". E non credo esista forma di amore più grande di questa, perché libera, perché incondizionata, perché non ha fondamenta deboli dettate da pochi perché ma eventualmente minime crepe causate dai nonostante, ma mai sufficienti per trasformare il "nonostante" in "non". 

Ed in un ambiente del genere è già di per sé semplice crescere, sentirsi a proprio agio, riuscire ad esprimersi. Ma soprattutto in questo contesto  è stato facile essere curiosi, anche perché davanti alla mia curiosità raramente non ho trovato una risposta pronta ed esauriente da parte dei miei. Perché mio padre è una di quelle persone che basta ascoltare dieci minuti per poi desiderare di passarci le ore insieme a parlare, anche di argomenti che magari in partenza non ti interessano ma che lui, non si sa come, sa rendere estremamente interessanti, coinvolgenti. Mio padre sarebbe potuto essere un grandissimo oratore, anche perché accanto alla serietà, all'intensità dei suoi discorsi ed alla capacità di farti pendere dalle sue labbra sa far ridere come poche altre persone al mondo, perché oltre ad essere a conoscenza di innumerevoli nozioni ha anche un'inventiva pazzesca, che è tangibile quando dal nulla ti crea (perché dire costruisce è in un certo senso riduttivo per lui) un oggetto, un disegno, una composizione floreale, ma è sorprendente ed ancor più efficace quando è intangibile, quando è dettata dalle sue parole, soprattutto nello scherzo, nella battuta, nel non-sense. Ed in tutta questa grandezza difficilmente si riesce a scorgere l'emotività, che però emerge quando, paradossalmente, riesce ad essere estremamente lucido, razionale. C'è chi, in certe situazioni, potrebbe pensare, parlando con lui, che alcune sue frasi, che possono sembrare sentenze, siano dettate da cinismo o spietatezza: in verità sono dettate dall'immenso amore che prova per ciò che lo circonda, e che come un novello Machiavelli punta a difendere, adottando qualsiasi mezzo necessario e disponibile. Perché lui è pragmatico, consapevole sia di quali siano i problemi sia di quali siano le soluzioni più adatte, e nella sua razionalità mantiene innanzi tutto una capacità di essere oggettivo disarmante: perché magari può sembrare cattivo, ma prima di qualsiasi considerazione soggettiva dettata da chi lo ascolta o lo osserva agire lui è GIUSTO. 

E mia madre, mia madre è colei che alimenta ogni mia speranza, è colei che mi spinge a crederci, è colei che sebbene attorno ci sia solo il buio riesce in qualche modo a trovare la luce, e se luce proprio non c'è è lei a crearla. Con i suoi occhi, con i suoi sorrisi, con i suoi abbracci, con la sua voglia di non arrendersi mai, nemmeno nel peggiore dei momenti. Lei è la classica persona che diventerebbe in poco tempo la migliore amica di chiunque, perché con lei si può parlare di tutto, con lei ci si può totalmente esporre perché nel suo vocabolario il verbo "giudicare" non esiste. E questo non significa che non sappia distinguere il bene dal male, ma fino a che ha argomenti disponibili cerca di trovare le motivazioni del bene e del male, scava nel profondo, va al di là delle barriere, non ponendosi limiti e non ponendo ad altri alcun limite. Mia madre, ora che non c'è più mia nonna, è probabilmente il perno della famiglia allargata: è moglie e confidente, è madre e confidente, è sorella e confidente, è cognata e confidente, è zia e confidente. Lei è, e trova sempre il modo di far sì che anche gli altri possano cercare di essere, di splendere, di dare. Lei è stata la prima a credere in me quando da piccolo cominciai a cantare, e pur di far sì che io potessi continuare ad allenare il mio talento ha passato ore con me a cantare. Lei è stata la prima a credere in me quando, appena imparato a scrivere ed ad articolare le frasi, cominciai a scrivere le mie prime storielle, avventure in modi lontani o fantastici. Lei ha nutrito ogni giorno la mia sete di conoscenza, leggendomi libri, aiutandomi poi a leggerli ed infine spiegandomeli quando non li capivo. Lei ha instillato in me la maggior parte delle mie passioni, dalla musica alla poesia, e lei mi ha insegnato ad accogliere le emozioni, dalle più belle alle più brutte, dandomi la possibilità di comprendere che non è importante che emozione si stia vivendo, ma che l'importante è viverle, sentirle, fino in fondo. E, cosa più importante di tutte, mi ha insegnato a ricercare la bellezza, non tanto dove è facile trovarla ma in quelle situazioni in cui, per gli occhi di qualcun altro, di bellezza non vi è nemmeno l'ombra. Perché lei, in tutto ciò che ha fatto, non si è mai fermata alla risposta che poteva derivare dalla domanda "Ho indovinato nel scegliere questa strada oppure ho sbagliato?": perché per lei, la cosa più importante, è sempre stato fare del bene, volere il bene, dare il bene, a più persone possibili. Perché se c'è una persona davvero BUONA al mondo, questa è mia madre.

Ed ecco, crescere con la Buona ed il Giusto è stato il più grande regalo che questo mondo potesse farmi, è stata la situazione ideale in cui formarmi, è stata la fonte migliore che il fiume che rappresento potesse avere. Un'acqua sì buona, ma anche sana, consapevole che, per poter scorrere, bisognava scavare nella montagna, emergere, ed aiutato dalle forze esterne aprirmi una via nella valle. Per poter sì far giungere il più lontano possibile la mia buona acqua, ma anche non fermarmi davanti agli ostacoli che si ponevano tra me ed i miei obiettivi, ovvero tutto ciò che di sbagliato avrebbe potuto limitarmi: e così mi sono infiltrato nella montagna, ho visto la luce del sole, ho lentamente creato il mio letto, abbattuto alberi, a volte curvandomi per evitare dei limiti troppo difficili da superare, ma mantenendomi sempre coerente e fedele alla mia missione. 

Prima di raggiungere il mare spero passino ancora tanti post, tanti giorni, tante esperienze, e spero che buona parte di questo tempo che manca al raggiungimento della foce io possa farlo con la fonte ancora viva e rigogliosa. Perché spesso ho parlato di eroi in questo blog, ma i più grandi di tutti, quelli che realmente si vorrebbe potessero essere immortali, sono proprio loro: Marco il Giusto e Luciana la Buona. Grazie, davvero, per questo meraviglioso percorso che mi avete invogliato a intraprendere e che tanto mi sta dando, in nome della bontà, in nome del giusto. In nome dell'amore.







Stefano Tortelli