lunedì 11 maggio 2015

I Vent'anni dell'Orso, la mia seconda casa





Esiste sempre un luogo, o meglio un locale, al quale leghi parte della tua vita, della tua storia, e che quindi, implicitamente, contribuisce alla tua formazione, alla tua crescita, determinando in più modi l'essenza del tuo Io. Basta pensare al fatto che quando abitualmente si frequenta un locale inevitabilmente si ha modo di entrare in contatto con chi, come te, lo vive soventemente: la clientela, i baristi, chi va a suonarci. E per cui si viene a creare una vera e propria cerchia di conoscenze, che gravita attorno a questo posto, che contribuisce al rendere allo stesso tempo il posto in questione migliore o peggiore. 

Da circa otto anni L'Orso di Vigone è per me questo luogo: è il ritrovo, è la base dalla quale partire con gli amici per altri posti, altri paesi, a volte altre regioni; ma spesso oltre che essere il ritrovo è anche e soprattutto la meta delle mie serate, delle serate con i miei amici più cari, che con il passare dei mesi diventano sempre più numerosi proprio perché lì, nel dehor o ai tavolini fuori dall'entrata, ci siamo conosciuti, abbiamo cominciato a scherzare insieme, a bere insieme, e poi a parlare di cose più serie. Ne è un esempio lampante il molto citato (nelle pagine di questo blog) Ivan, che se non fosse stato per l'Orso probabilmente non avrei mai conosciuto, ed il discorso riguardante Ivan vale anche per Valentina, Beppone, Sara, Bruno, Annalisa e via dicendo. Ed anche l'Orso è arrivato un po' per caso nella mia vita: erano le prime sere che si usciva anche in settimana, nonostante la scuola, ed ovviamente anziché andare fino a Saluzzo si preferiva restare nei paraggi, anche perché ancora si era senza macchina ed a turno il padre mio o del Biondo doveva venirci a prendere. L'Orso era uno dei due locali che frequentavamo in quel periodo, e quando chiuse l'altro ovviamente si fecero più frequenti le nostre serate all'Orso. Quando poi finalmente si ebbe per le mani quella tessera rosa che è sinonimo di indipendenza, l'Orso divenne una costante delle nostre settimane. Anche perché già avevamo alcuni amici di Vigone e dintorni, e per cui trovarsi lì era la cosa migliore, perché oltre tutto si riusciva ad unire il bello dell'essere con CHI si voleva essere ed il bello dell'essere DOVE si voleva essere. Eravamo ancora tutto sommato dei giovincelli, ma a forza di passare lì buona parte delle nostre serate ci ritrovammo ad avere la possibilità di interagire con gente più grande, e così più generazioni si erano trovate a venire a contatto, a scambiarsi le esperienze, a darsi consigli, a confrontarsi. Perché spesso ad un tavolo ci si ritrova con alcuni che hanno qualche anno in meno di noi ed altri che ne hanno anche venti in più, e per cui, dato che spesso si parla di musica, sentirsi raccontare il tour degli Iron Maiden del 1986 o il concerto dei Pink Floyd del 1994 è qualcosa di meraviglioso. Perché comunque l'Orso, forse non tanto per scelta ma perché così è andata, è frequentato da persone che hanno tante cose da dire, da raccontare, da condividere, e bene o male un po' tutti noi ci siamo arricchiti ed abbiamo arricchito chi ci ha ascoltato, e soprattutto abbiamo reso l'Orso un bel posto dove chiacchierare, scherzare, a volte cantare, altre suonare. 

Ma in verità la gran parte del merito dell'Orso e del suo successo in questi suoi vent'anni, che sabato sera si sono solennemente ed alcolicamente celebrati, sta in chi l'Orso l'ha fatto nascere, sta nella voglia di renderlo ogni giorno più accogliente, più piacevole, mettendo spesso nella condizione molti di noi a chiedersi perché si dovrebbe andare da qualche altra parte quando c'è l'Orso? Perché l'Orso è come una seconda casa, è quel posto in cui a qualsiasi ora del giorno o della sera sai che puoi fare quel bel discorso, come quelli che spesso mi capita di fare con Angelo, ma allo stesso tempo puoi parlare dei buoni vecchi Litfiba con Domenico ed Alessio, di calcio, e di mille sciocchezze ma anche tantissime cose interessanti. E poi si beve bene, spesso e volentieri, si bevono i migliori mojito della zona che nulla hanno da invidiare a quelli di alcuni locali di Torino, si mangia bene, e per cui cosa manca all'Orso per essere considerato una seconda casa?

Nulla, anche perché, almeno per quanto mi riguarda, anche quando si parla di politica mi trovo spesso d'accordo con chi l'Orso lo gestisce e buona parte delle persone che lo frequentano, rendendolo quindi un perfetto luogo in cui dar vita a dei Simposi, più alcolici che mangerecci, che talvolta durano per ore intere, anche dopo l'orario di chiusura. Perché ormai ci si conosce quasi tutti, ed anche quando pensi di rimanere da solo al tavolo spunta sempre un volto amico a farti compagnia... e se proprio questo non succede, dietro al bancone c'è sempre un buon amico, oltre che un ottimo barista, con cui fare due chiacchiere e sentirti, ancora, nuovamente, a casa.

Tra l'altro, l'altra sera, ripensando ad alcuni bar che nelle canzoni, nella letteratura e nei film vanno a rappresentare il tipico luogo in cui ci si trova e si passa parecchio tempo insieme, non ho potuto non paragonare l'Orso a quello dei quattro pensionati seduti al tavolino della Vecchia Città di De André, o al bar di Guccini nel film Radiofreccia, o ancora a quel famoso "Stessa storia, stesso posto, stesso bar" degli 883. E quando, soprattutto nelle canzoni, i contorni immaginari dei luoghi descritti vanno a coincidere con quelli reali dei luoghi che frequenti, allora non vi è alcun dubbio che quel posto, ormai, è parte integrante della tua storia, della tua vita, del tuo Io.

Grazie all'Orso, grazie a Domenico, ad Angelo, ad Alessio, a Massimo, a Ricu, grazie alle cameriere, da Saieda a Federica, grazie a chi lo frequenta. Grazie, ed auguroni, sperando che tra trent'anni ci si ritrovi a festeggiare il cinquantenario! Magari Claudio, Biondo, Simo ed io non saremo pensionati, ma saremo comunque mezzi avvelenati... come i pensionati di De André!!! 




Stefano Tortelli



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