giovedì 7 maggio 2015

Post numero 100: dedicato alle mie radici. A mia mamma ed a mio papà.






Questo è un post estremamente speciale, un post decisamente significativo, un post che potrebbe trattare di molti argomenti disparati se non fosse che rappresenta di per sé un traguardo importante, già di per sé insperato ma che mai avrei pensato di raggiungere in soli cinque mesi. E' il post numero cento, è il post delle tre cifre, è il post al quale, in senso metaforico, mi volto indietro e guardo il percorso già fatto. Come tutto è cominciato, il perché, il quando, il chi mi ha dato la spinta. Era il due dicembre quando aprii questo blog, e sotto le pressioni di Ivan qualche giorno dopo ho aperto anche la pagina Facebook ad esso dedicato. Poi è arrivata la pubblicazione dell'articolo su Finardi da Finardi stesso sulla sua pagina, i complimenti di molte persone che non conoscevo, e che proprio per questo ritengo estremamente sinceri, disinteressati, autentici. La stessa cosa è successa con quello dei Gang, poi è cominciata la collaborazione con Libera.tv, e sarebbe dovuta cominciare anche con ResetItalia non fosse stato per un problema di accesso al sito. Ma ci sono cose estremamente più importanti di queste, che sostanzialmente risiedono non tanto nella ragione dello scrivere, e tanto meno nel ciò che scrivo. Perché voltandomi indietro, di fronte a questo cento, sono andato anche più a ritroso, oltre al punto in cui la strada cominciava. E forse è ancora meglio definire il tutto come un fiume: dopo questi cento chilometri di corso d'acqua mi son girato, con le spalle rivolte verso la foce, ad osservare non solo la fonte, ma dentro la fonte. 

Nella fonte, nelle viscere più profonde che la animano, all'interno dell'immensa montagna che la ospita, ci sono due persone, c'è un amore, c'è la vita, il senso più profondo della vita. Perché alla base di tutto ci sono i miei genitori, mio padre e mia madre, le persone che mi hanno dato la vita, le persone che per prime hanno creduto in me, stimolandomi, spronandomi, a volte, forse, anche inconsapevolmente. Perché se è vero che idealmente io ora sono quel fiume, all'inizio di tutta la storia ero un animale che si abbeverava alla fonte, dissetava la propria gola con quella fresca e dolce acqua, così pura, così limpida, così meravigliosa. Mi rendo conto di non aver citato molto spesso Luciana e Marco, preferendo magari dedicare qualche riga in più alle professoresse di italiano, a mia nonna, agli amici, alle relazioni che mi hanno, nel bene e nel male, portato ad essere la persona che sono, con i miei pregi e con i miei difetti, ed anche con le mie contraddizioni. Ma tutta la sostanza, e soprattutto buona parte della forma, le devo a quella donna e quell'uomo che nell'amore mi hanno concepito, nell'amore mi hanno fatto nascere, e con amore mi hanno cresciuto, preferendo ai giudizi i consigli, premettendo sempre che le eventuali difficoltà, le eventuali rinunce, gli eventuali rimproveri, erano, innanzi tutto, atti d'amore, e non di odio. E, cosa più importante di tutte, per lo meno in questa prima parte della loro descrizione, è stato il loro darmi la possibilità di sbagliare, di sbagliare di testa mia, mettendomi nella condizione di aver sì la libertà di fare, ma anche di essere consapevole del fatto che, come da solo agivo, da solo avrei sbagliato. Mi hanno fatto il dono più grande dell'universo, la responsabilità: nei confronti di me stesso, in primis, ma anche nei confronti del mondo che mi circonda. 

In queste ultime due settimane ho avuto molte occasioni per parlare di me, della mia storia, del mio trascorso, perché in questo lasso di tempo, che sono sicuro si dilaterà con il passare dei giorni, ho potuto passare diverse ore con una persona estremamente curiosa, molto intelligente, e che soprattutto non mi conosceva minimamente e che non ha avuto alcun pregiudizio durante il suo percorso di avvicinamento. Così, più che sottolineare ciò che faccio, ciò che anima le mie giornate, il più dei discorsi hanno avuto come oggetto ciò che ho fatto, ciò che mi ha caratterizzato in passato. Del resto ognuno di noi è, nel presente, perché figlio di ciò che in passato ha fatto, e sarà, un giorno, in base a quel che oggi fa: le esperienze, il buono ed il cattivo, le influenze esterne, le varie prese di coscienza nei diversi momenti della vita. Ed andando sempre più a ritroso, a volte saltando a piè pari alcuni periodi per riuscire ad arrivare ai punti focali (visto che quando si sta bene il tempo sembra avere sempre una marcia in più...), non ho potuto evitare di citare la base, il sostegno primario, gli esempi fondamentali, l'ispirazione essenziale. I miei genitori, Marco e Luciana, sono due persone che hanno avuto un percorso estremamente diverso prima di conoscersi, che però, allo stesso tempo, li ha portati ad essere sufficientemente simili per essere compatibili al punto tale da stare insieme da trentacinque anni ed amarsi come se fosse ancora il primo giorno. E forse è proprio nell'amore che hanno trovato continue motivazioni per preservare la loro essenza: perché loro sono tra le poche persone che ancora ragionano attraverso i "nonostante", che quando si dicono "Ti amo" non pensano più di tanti ai mille motivi per cui si amano ma, consci del fatto che logicamente c'è sempre qualcosa di soggettivamente imperfetto nell'altra persona, sanno che il loro è un "Ti amo nonostante...". E non credo esista forma di amore più grande di questa, perché libera, perché incondizionata, perché non ha fondamenta deboli dettate da pochi perché ma eventualmente minime crepe causate dai nonostante, ma mai sufficienti per trasformare il "nonostante" in "non". 

Ed in un ambiente del genere è già di per sé semplice crescere, sentirsi a proprio agio, riuscire ad esprimersi. Ma soprattutto in questo contesto  è stato facile essere curiosi, anche perché davanti alla mia curiosità raramente non ho trovato una risposta pronta ed esauriente da parte dei miei. Perché mio padre è una di quelle persone che basta ascoltare dieci minuti per poi desiderare di passarci le ore insieme a parlare, anche di argomenti che magari in partenza non ti interessano ma che lui, non si sa come, sa rendere estremamente interessanti, coinvolgenti. Mio padre sarebbe potuto essere un grandissimo oratore, anche perché accanto alla serietà, all'intensità dei suoi discorsi ed alla capacità di farti pendere dalle sue labbra sa far ridere come poche altre persone al mondo, perché oltre ad essere a conoscenza di innumerevoli nozioni ha anche un'inventiva pazzesca, che è tangibile quando dal nulla ti crea (perché dire costruisce è in un certo senso riduttivo per lui) un oggetto, un disegno, una composizione floreale, ma è sorprendente ed ancor più efficace quando è intangibile, quando è dettata dalle sue parole, soprattutto nello scherzo, nella battuta, nel non-sense. Ed in tutta questa grandezza difficilmente si riesce a scorgere l'emotività, che però emerge quando, paradossalmente, riesce ad essere estremamente lucido, razionale. C'è chi, in certe situazioni, potrebbe pensare, parlando con lui, che alcune sue frasi, che possono sembrare sentenze, siano dettate da cinismo o spietatezza: in verità sono dettate dall'immenso amore che prova per ciò che lo circonda, e che come un novello Machiavelli punta a difendere, adottando qualsiasi mezzo necessario e disponibile. Perché lui è pragmatico, consapevole sia di quali siano i problemi sia di quali siano le soluzioni più adatte, e nella sua razionalità mantiene innanzi tutto una capacità di essere oggettivo disarmante: perché magari può sembrare cattivo, ma prima di qualsiasi considerazione soggettiva dettata da chi lo ascolta o lo osserva agire lui è GIUSTO. 

E mia madre, mia madre è colei che alimenta ogni mia speranza, è colei che mi spinge a crederci, è colei che sebbene attorno ci sia solo il buio riesce in qualche modo a trovare la luce, e se luce proprio non c'è è lei a crearla. Con i suoi occhi, con i suoi sorrisi, con i suoi abbracci, con la sua voglia di non arrendersi mai, nemmeno nel peggiore dei momenti. Lei è la classica persona che diventerebbe in poco tempo la migliore amica di chiunque, perché con lei si può parlare di tutto, con lei ci si può totalmente esporre perché nel suo vocabolario il verbo "giudicare" non esiste. E questo non significa che non sappia distinguere il bene dal male, ma fino a che ha argomenti disponibili cerca di trovare le motivazioni del bene e del male, scava nel profondo, va al di là delle barriere, non ponendosi limiti e non ponendo ad altri alcun limite. Mia madre, ora che non c'è più mia nonna, è probabilmente il perno della famiglia allargata: è moglie e confidente, è madre e confidente, è sorella e confidente, è cognata e confidente, è zia e confidente. Lei è, e trova sempre il modo di far sì che anche gli altri possano cercare di essere, di splendere, di dare. Lei è stata la prima a credere in me quando da piccolo cominciai a cantare, e pur di far sì che io potessi continuare ad allenare il mio talento ha passato ore con me a cantare. Lei è stata la prima a credere in me quando, appena imparato a scrivere ed ad articolare le frasi, cominciai a scrivere le mie prime storielle, avventure in modi lontani o fantastici. Lei ha nutrito ogni giorno la mia sete di conoscenza, leggendomi libri, aiutandomi poi a leggerli ed infine spiegandomeli quando non li capivo. Lei ha instillato in me la maggior parte delle mie passioni, dalla musica alla poesia, e lei mi ha insegnato ad accogliere le emozioni, dalle più belle alle più brutte, dandomi la possibilità di comprendere che non è importante che emozione si stia vivendo, ma che l'importante è viverle, sentirle, fino in fondo. E, cosa più importante di tutte, mi ha insegnato a ricercare la bellezza, non tanto dove è facile trovarla ma in quelle situazioni in cui, per gli occhi di qualcun altro, di bellezza non vi è nemmeno l'ombra. Perché lei, in tutto ciò che ha fatto, non si è mai fermata alla risposta che poteva derivare dalla domanda "Ho indovinato nel scegliere questa strada oppure ho sbagliato?": perché per lei, la cosa più importante, è sempre stato fare del bene, volere il bene, dare il bene, a più persone possibili. Perché se c'è una persona davvero BUONA al mondo, questa è mia madre.

Ed ecco, crescere con la Buona ed il Giusto è stato il più grande regalo che questo mondo potesse farmi, è stata la situazione ideale in cui formarmi, è stata la fonte migliore che il fiume che rappresento potesse avere. Un'acqua sì buona, ma anche sana, consapevole che, per poter scorrere, bisognava scavare nella montagna, emergere, ed aiutato dalle forze esterne aprirmi una via nella valle. Per poter sì far giungere il più lontano possibile la mia buona acqua, ma anche non fermarmi davanti agli ostacoli che si ponevano tra me ed i miei obiettivi, ovvero tutto ciò che di sbagliato avrebbe potuto limitarmi: e così mi sono infiltrato nella montagna, ho visto la luce del sole, ho lentamente creato il mio letto, abbattuto alberi, a volte curvandomi per evitare dei limiti troppo difficili da superare, ma mantenendomi sempre coerente e fedele alla mia missione. 

Prima di raggiungere il mare spero passino ancora tanti post, tanti giorni, tante esperienze, e spero che buona parte di questo tempo che manca al raggiungimento della foce io possa farlo con la fonte ancora viva e rigogliosa. Perché spesso ho parlato di eroi in questo blog, ma i più grandi di tutti, quelli che realmente si vorrebbe potessero essere immortali, sono proprio loro: Marco il Giusto e Luciana la Buona. Grazie, davvero, per questo meraviglioso percorso che mi avete invogliato a intraprendere e che tanto mi sta dando, in nome della bontà, in nome del giusto. In nome dell'amore.







Stefano Tortelli

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