Quando scrissi le righe che più avanti riporterò c'erano molte differenze rispetto ad ora, era passato meno tempo, non c'era Thor ed il grande amore ed il ricordo che avevo di Duca era ancora intatto, intero e non era stato mai messo alla prova: prima di Thor era stato l'ultimo cane che ho avuto, con lui son cresciuto per tredici anni, l'ho sostanzialmente visto nascere e tredici anni dopo, con le lacrime agli occhi, l'ho seppellito, dandogli l'ultimo saluto, sentendo per l'ultima volta la sua pelle, il suo calore, il suo peso, che però stavolta non mi sbilanciava sulle gambe, quando a peso morto si appoggiava a me per poi cadere e prendersi le coccole... Era l'ultimo saluto, e dopo due anni e mezzo scrissi le righe che seguono, ripensando alla sera prima che morisse:
"Non dimenticherò mai il suo sguardo la notte prima che lasciasse questo mondo.
Era lì, sdraiato sul pavimento della cucina, ansimante e consapevole che il momento di partire per quella sua ultima corsa era ormai prossimo: un ultimo alternarsi nel cielo della Luna e del Sole, ed il viaggio sarebbe cominciato.
Mi fissava con quei suoi occhi scuri, enormi, pieni di tristezza, rassegnazione, ma anche di liberazione. I suoi occhi come i miei lasciavano fluire le lacrime dagli angoli delle orbite, e mi piaceva credere che anche lui stesse ripercorrendo nella mente i tredici anni vissuti insieme: le corse nel giardino, il suo rifugiarsi in camera mia durante i temporali, le tante guerre con la gatta ed i piatti di latte passati sottobanco… e tante, tante altre cose.
Mi ha visto crescere, portare a casa prima amici e poi ragazze, tutti terrorizzati al primo approccio dalla sua irruenza, da quel suo gran vocione che tanto manca nelle silenziose notti di questa piccola frazione dispersa nel nulla.
Sapeva farsi notare, sì con l’irruenza e con il riecheggiare del suo “parlare”, ma anche con la sua bellezza: il suo manto fatto di chiaro-scuri luccicava ai raggi del sole, il suo passo era degno della fierezza dei suoi antenati di montagna, il suo viso era perfettamente simmetrico, con quel piccolo neo sotto l’occhio destro, un po’ come le dive di Hollywood. Il più bell’esemplare della sua razza che io, insieme a tante altre persone, abbia mai visto.
Nel nostro giocare siamo quasi sempre stati leali, nonostante a volte siamo arrivati a farci del male, eppure ci siamo sempre perdonati, ritrovati, come due amici che nonostante tutto continuano a volersi bene, ad affrontare ogni giorno insieme, perché consapevoli di non poter trovare miglior compagno di avventura. E penso a volte di poter rivivere certe cose con i suoi simili guardandoli giocare con chi ha la fortuna di averli accanto, eppure so che non potrà mai esserci un rapporto del genere, perché lui era speciale, lui dopo poche settimane dalla sua nascita già mi seguiva per il giardino, curioso, voglioso di assaporare il mondo, di scoprire cosa c’era oltre la casa di sua mamma. Ed è per questo che fra cinque ho scelto lui, per il suo assomigliarmi, per il suo desiderio di novità.
E poi lui ancora è con me; perché se anche di notte non lo posso più sentire abbaiare a qualche gatto, lo posso vedere nei sogni, dove spesso scodinzolando viene a trovarmi per poter condividere ancora qualche momento insieme, in un universo parallelo dove le persone, gli animali, i luoghi e le cose che ci hanno segnato non muoiono mai."
Dopo un anno e mezzo, che tra l'altro è più o meno lo stesso periodo di tempo che mi vede ora in compagnia di Thor, il discorso non è cambiato, ed anzi si è rafforzato, e non per demeriti di Thor ma perché finalmente ho potuto mettere alla prova i ricordi, le emozioni, l'amore per Duca, che è rimasto imperturbato, intatto, limpido e luminoso, e questa presa di coscienza si è fatta via via più chiara mese dopo mese, che ha portato al migliorarsi del rapporto tra Thor e me, che all'inizio era conflittuale ma che da luglio in poi ha preso una bellissima piega e che nelle ultime settimane lo porta a dormire ai piedi del mio letto, o meglio a vegliare sui miei sogni.
Il 21 maggio era il quarto anniversario della morte di Duca, e proprio quella notte Duca, per l'ennesima volta, ha voluto manifestarsi, è voluto venirmi a trovare in sogno, e l'ha fatto nel modo più bello, ripetendo ciò che tante volte ha fatto in vita: nel sogno ero a letto (e questo contribuì a farmelo sembrare reale), probabilmente era mattina, avevo in mano qualcosa da mangiare, Duca era accanto a me, seduto e scodinzolante, che mi guardava e pretendeva un boccone; io alzai ciò che avevo in mano, mi spostai sul letto, e lui salì, per prenderlo, per sì mangiare ciò che avevo in mano ma soprattutto per giocare, per farsi fare e fare le coccole. Un'altra volta ancora, come quando eravamo entrambi cuccioli, come quando io mi stavo affacciando all'età adulta e lui stava lentamente andando verso la vecchiaia. Come quell'ultima notte, quando mai avrei voluto andare a dormire lontano da lui, quando avrei preferito dormire con la mia testa sul suo corpo, fregandomene del fatto che fosse sporco e maleodorante a causa della malattia che lo stava distruggendo.
Quando scrivo di Duca, quando parlo di Duca, non possono che brillarmi gli occhi, non può che chiudermisi la gola... ma nel brillare dei miei occhi c'è lui, e c'è con una limpidezza sempre più intensa, proprio perché questi miei stessi occhi hanno modo di vedere nella realtà un degno suo erede come Thor, per il quale il mio amore è forte, anche e soprattutto perché ha saputo aspettarmi, anche e soprattutto perché è conscio dell'eredità che ha raccolto. E nonostante questo non ha paura di mettersi in gioco, come non ho paura io di dimenticare... perché dimenticare è impossibile già di suo, dimenticare Duca è nemmeno immaginabile.
Una persona un giorno mi disse che il paradiso degli animali è oltre il ponte dell'arcobaleno, ed è lì che i padroni ed i loro compagni a quattro zampe si ritroveranno... forse è per questo che Duca aveva paura dei temporali, gli piaceva così tanto stare qui che nemmeno voleva vederlo, un arcobaleno. E, pur di essere sicuro di non scorgerlo neppure con la coda dell'occhio, si andava a rifugiare negli angoli più bui della casa, solitamente sotto, da mio zio... Ed ogni volta che vado nel corridoio che porta alla camera dove Duca si rintanava inconsciamente penso di poterlo vedere da un momento all'altro. Ed è proprio quando mi rendo conto che non può essere così mi rendo conto che lui c'è, che è rimasto. E non oltre il ponte dell'arcobaleno, ma qui, con me in me.
Succede sempre. Ogni volta.
Stefano Tortelli
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