domenica 17 maggio 2015

Xenofobia: lo sfogo di ogni frustrazione di matrice sociale ed economica





Avevo argomentato, mesi addietro, riguardo la sterilità della suddivisione in materie sempre più circoscritte e settarie le materie umanistiche. Una sterilità che è difficilmente superabile senza un'adeguata attitudine mentale in grado di creare connessioni tra una disciplina e l'altra, un'epoca e quella successiva o precedente, una nazione e l'altra. E tutto ciò è logicamente voluto per rendere quasi inutile lo studio fine a se stesso, privilegiando quello atto a formare figure in grado di essere super performanti in un ristretto ambito, salvo poi fallire miseramente una volta spostate di qualche centimetro. Del resto gli individui sono visti come serbatoi dai quali principalmente attingere e nei quali dev'esserci lo stretto indispensabile. Perché se in un contenitore ci metti tante cose differenti, se inserisci la mano per pescare ciò che ti serve, è probabilisticamente difficile venire accontentati. Un po' come alla lotteria...

Questo schema è probabilmente alla base di questa nostra società, una società che, come non vuole darci la possibilità di conoscere il modo "universitario" il mondo, non desidera neppure che si sappia riconoscere i veri problemi, il vero male, i veri soprusi in atto in tutto il mondo. Scrivo queste righe oggi perché oggi è la Giornata mondiale contro l'omofobia, ma potrei scriverle ogni settimana, cambiando solo la causa scatenante di queste mie riflessioni. 

Definiamo innanzi tutto non tanto cosa sia l'omosessualità ma il perché questa sia motivo di discriminazione: gli omosessuali sono discriminati per un motivo semplice, lampante. Sono in minoranza, e sono diversi. Sono in minoranza e sono diversi come in minoranza e diversi sono gli stranieri, erano gli ebrei in Europa nel '900, erano i neri negli Stati Uniti. La paura del diverso, la xenofobia, è sempre stata la scintilla che ha dato il via ad ogni discriminazione per motivi religiosi, politici, sessuali. Ed oltre tutto c'è una componente aggiuntiva assolutamente da non sottovalutare in tutto questo quadro: oltre ad essere pochi e diversi, sono anche ritenuti più deboli, e quindi facilmente "estirpabili", ma anche ottimi capri espiatori per giustificare una qualsivoglia situazione contingente: "E' colpa degli immigrati se l'Italia va a rotoli"; "E' colpa degli ebrei se c'è la peste"; "E' colpa dell'omosessualità se esiste una crisi dei valori cattolici"... e così via, in ogni tempo ed in ogni spazio. E non facciamo l'errore di vedere il tutto come imposto dall'alto, come se l'idea che la colpa è di questa o quell'altra categoria di essere umani minoritaria ed in posizione di subordinazione sia figlia di decisioni sempre prese a tavolino. Perché se è pur vero che certi messaggi vengono amplificati da chi in quel momento ha la possibilità, ovvero il potere, di farlo, è anche vero che certa gente ha il potere perché qualcuno gliel'ha dato. La politica è questa: gente come Salvini, Giovanardi, La Russa parla al Paese intero perché parte del Paese ha voluto che arrivassero al punto in cui si trovano ora, e per arrivare a questo punto hanno dovuto raccogliere consensi, e per raccogliere consensi hanno portato avanti istanze sentite da parte della popolazione. 

Allo stesso tempo, però, fioccano le giornate contro questo tipo di manifestazione di odio pre-concettuale, che può essere espresso a partire dalla violenza verbale, passando per quella psicologica e arrivando a quella fisica: la giornata contro il razzismo, la giornata contro la violenza sulle donne ("categoria" sui generis, che comunque è sempre stata oggetto di vessazioni da parte della società), la giornata contro la fame nel mondo, la giornata contro... Il problema è che queste giornate sono, come l'insegnamento delle scienze umanistiche in modo estremamente settoriale, inutili, fini a se stesse. Sono delle ricorrenze futili e prive di qualsiasi significato, se non il semplice riconoscere l'esistenza di un problema, sottolineare l'impegno primario per debellare questa ingiustizia... e poi, il silenzio. Tanti proclami, tante manifestazioni colorate, e poi la solita indifferenza, perché comunque bisogna prepararsi il discorso e lo stato d'animo per affrontare una nuova giornata contro l'ennesimo sopruso. 

Anche perché dati alla mano il razzismo è sempre più una piaga sociale della nostra epoca, i femminicidi continuano ad animare le cronache dei telegiornali, i fascisti continuano a pestare omosessuali una domenica e l'altra pure, le minoranze religiose vengono costantemente additate come causa di una deriva dell'etica morale. Però si è tutti Pilato, in queste situazioni: discorso, commemorazione, cordoglio, sdegno, accenno di forte presa di posizione contro l'ennesima piaga sociale ed infine l'ennesima ammissione di impotenza giustificata con mille frasi di circostanza. 

Sarebbe invece molto semplice inculcare nella testa della gente una facile equazione mentale, che di fatto difende ogni categoria sopra citata e condanna ogni nuovo crimine creato ad hoc giusto per fare bella figura in Parlamento. "Ogni tipo di violenza perpetrata nei confronti di un altro individuo è reato penale, a prescindere da ogni motivazione che ha portato a compierlo". FINE. E non si scappa da qui: si insegnerebbe il rispetto per qualsiasi altra persona che ci circonda, che si trova sul nostro stesso suolo giuridico e che mette nella condizione me, italiano, eterossesuale, "cattolico" e maschio a rispettare le stesse leggi di qualsiasi persona che si discosta per una o più caratteristiche dalla mia descrizione. Non è facendo leggi a difesa degli omosessuali, inserendo il reato di femminicidio o la protezione di questo credo o di quella nazionalità che si risolvono le cose, ma anzi si va a creare un pensiero comune che vede paradossalmente l'italiano "standard" in una condizione di apparente discriminazione. E' questo uno dei tanti errori che le sinistre hanno fatto in passato, ovvero quello di affrontare di petto una situazione contingente particolarmente sentita dalla popolazione che ha a cuore la preservazione ed il rispetto di ogni tipo di differenza, dimenticandosi poi di mettere nella condizione la totalità dell'Italia di poter innanzi tutto rispettare se stesso e quindi chiunque ci circonda. E su queste battaglie sterili la sinistra ha perso più e più volte, e le destre si sono rafforzate, raccogliendo sempre più consenso tra gli ottusi ed i bigotti, tra i reazionari ed i xenofobi, sfruttando la loro forte opposizione ad ogni equiparazione tra "noi" ed i "loro" di turno per poi fare i propri porci comodi in sede economico-sociale. 

Spero che presto si arrivi alla presa di coscienza del fatto che più che una giornata di commemorazione o ricordo per questa o quella categoria oggetto di discriminazione sia necessario agire trecentosessantacinque giornate all'anno per la parità di diritti di ogni singolo individuo di questo Stato. Sia esso gay, nero, ebreo, donna... Questo sarà l'unico modo per raggiungere un reale progresso, un effettivo benessere diffuso ed una assoluta presa di coscienza che la diversità non è un fatto biologico ma puramente economico. Perché, sotto sotto, tutto ciò che è dettato, dal basso verso e l'alto e viceversa, in questa società, ha una matrice meramente finanziaria. 


La cosa che a me spaventa molto, che mi da ribrezzo, è il buio che avvolge il cervello, lo sguardo, il cuore di milioni di persone che abitano il mio stesso Paese, e queste tenebre si sono prese possesso sia di chi da sempre si è negato la luce sia di chi la luce l'hanno accolta soltanto finché è stata loro utile, per poi rinnegarla una volta cessata la sua funzione. Sì, ho paura del buio. 



Stefano Tortelli

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