I miei primi quattordici anni di vita si potrebbero facilmente riassumere in tre fasi musicali, fortemente influenzate dai consigli musicali di mia cugina e da ciò che ai tempi passavano TMC2, All Music ed MTV. Già, quand'ero piccolo MTV ancora trasmetteva video musicali, aveva classifiche su classifiche, contenitori tematici, trasmissioni inerenti alla musica. Mi ricordo che quando avevo 12-13 anni c'era una trasmissione che si chiamava Select, era in programmazione alle cinque di pomeriggio, durante la quale si poteva scegliere il video da far trasmettere tra i cinquanta precedentemente selezionati, e mai me ne perdevo una puntata, se non quando dovevo andare a karate. E sempre MTV ed All Music aprivano le mie giornate: appena sveglio, mentre mi preparavo per andare a scuola, accendevo la tv ed ascoltavo i pezzi che passavano. I primi anni della mia vita erano stati caratterizzati dalla forte presenza degli 883, tanto che ancora ora mi ricordo la maggior parte dei loro testi, le scalette degli album, e se Max Pezzali ripasserà a Torino probabilmente andrò nuovamente ad ascoltarlo. Perché hanno segnato un'epoca, hanno accompagnato molti momenti della mia infanzia, sono loro le prime parole che ho cantato a tre anni, e se ora canto è perché gli 883, per primi, mi hanno fatto innamorare delle canzoni e del cantare le canzoni.
Dopo è arrivato Eminem: quando uscì The Eminem Show conoscevo il rapper americano soltanto per qualche video dei suoi lavori precedenti (canzoni come The Real Slim Shady, My name is o Stan), ma al primo ascolto di Without me fu subito amore. Non capivo nulla del testo, ma quel semplicissimo passaggio ripetitivo che fa da sostegno all'intera canzone era ipnotico, faceva gesticolare e muovere la testa a ritmo: era come se io fossi un cobra ed Eminem l'incantatore di serpenti in grado di farmi fare quello che voleva con la sua musica. Lo ascoltai tantissimo, tant'è che il disco di The Eminem Show diventò pressoché inutilizzabile a causa dei migliaia di passaggi che fece nello stereo e nel lettore cd portatile. Quando uscì la videocassetta del film 8mile i miei genitori me la regalarono e la vidi almeno una decina di volta, e quando successivamente uscì il dvd, anni dopo, con un settimanale, non potei fare a meno di comprarlo. Cominciai poi a comprare i primi giornali dedicati alla musica: era il periodo d'oro della rete televisiva All Music, tanto che iniziarono a stamparne una rivista, ed a fianco di Topolino e di alcuni libri per ragazzi diventò una mia lettura abituale, così come TuttoMusica.
TuttoMusica entrò per la prima volta in casa per caso, ed è doveroso citarlo in questo post perché il motivo per il quale entrò in casa rappresenta la svolta del mio interesse nel campo musicale. Nel 2002 era uscito By the way dei Red Hot Chili Peppers, ed entro la fine dell'anno erano stati pubblicati i primi due singoli con i relativi video: l'omonimo By the way e The zephyr song. Le ascoltavo, mi piacevano, ma ancora non mi avevano preso totalmente. Ma poi ecco la rivoluzione: un pomeriggio come tanti presentarono su MTV il nuovo singolo dei Red hot, Can't stop. Da lì fu amore, un amore totale, un amore che non avevo provato né per gli 883 né per Eminem. Perché il motivo per cui guardavo MTV ed All Music da quel momento era cambiato: non le guardavo per ascoltare musica e vedere video qualsiasi, le guardavo con la speranza di vedere QUEL video, di sentire QUELLA canzone. Una mattina ero in auto con i miei ,stavamo andando a Torino, mi sembra per una visita in ospedale, ed alla radio passò Can't stop: ero così felice di sentirla anche in via etere che mi ero quasi commosso. E qualche giorno dopo mio padre arrivò da lavoro con in mano un numero di Tuttomusica, quello dell'Aprile 2003, dedicato quasi interamente alle canzoni riguardanti la pace, perché era appena cominciata la seconda guerra in Iraq: a guardarne la copertina, che è attaccata ad un'anta dell'armadio, mi viene da sorridere, perché oltre ad una foto con diversi artisti italiani che si erano prodigati con messaggi e canzoni contro la guerra (e molti di questi artisti sarebbero poi diventati cardini della mia cultura musicale, da Morgan a Pelù, passando per i Modena City Ramblers e la Bandabardò), era anche riportata una frase di una canzone che assolutamente non conoscevo ma che poi mi avrebbe fatto commuovere parecchie volte pochi anni dopo: Goodbye blue sky dei Pink Floyd. Ma non è tutto qui, anche perché altrimenti non avrebbe alcun senso citare tutto ciò: in allegato alla rivista c'era un cd che, dopo aver approfondito la conoscenza dei Red Hot, sarebbe diventato il mio preferito della band californiana. Era Mother's milk!! E così ebbi finalmente il piacere di ascoltare i Red Hot in qualsiasi momento del giorno, sebbene quell'album non fosse semplice da capire, da apprezzare totalmente, perché lo reputavo ancora troppo duro, violento, per le mie giovani orecchie. Intanto, anche mia cugina era venuta a conoscenza del mio amore incondizionato verso Kiedis e soci, perciò mi scaricò alcune loro canzoni, quelle fondamentali, e ne scaricò anche alcuni video, regalandomi poi per il compleanno il cd. E così avevo tutto ciò che mi serviva per conoscerli a pieno, per approfondirli. E con il tipico "inglese da canzone" cominciai a provare a cantare alcuni loro pezzi, ed in questo caso a venirmi poi in soccorso fu mia madre, che nelle pause a lavoro stampò alcuni testi che ancora custodisco in uno dei miei raccoglitori.
Grazie ai Red hot aprii le porte del mondo del rock, ed in rapida successione cominciai ad ascoltare i Guns n' Roses (il cui Greatest hits fu il primo cd che acquistai con i miei soldi), i Nirvana, gli AC/DC, i Led Zeppelin, i Metallica, i Queen, i Pink Floyd. Grazie ai Red hot imparai,dopo il primo ascolto di una canzone , a tentare subito di ripercorrerne la linea vocale, a volte con risultati sorprendenti, altre fallendo miseramente, a seconda delle mie ancora grezze capacità e della mia voce ancora non totalmente formata (che però mi permetteva di cantare Bohemian rapsody dei Queen, cosa che ormai non posso più fare). E per questo motivo sento di dovere tanto a questo gruppo, anche il piacere dell'attesa dell'uscita del primo album che sarebbe uscito dopo averli conosciuti: era il 2006, da quattro anni non pubblicavano nulla di inedito (tranne il Greatest hits e il Live in Hyde Park) e ricordo che all'annuncio dell'uscita del nuovo album feci i salti di gioia, segnai sul calendario la data di uscita ed il giorno della pubblicazione mi fermai dopo scuola a Saluzzo, appostandomi davanti al negozio di musica in attesa che riaprisse. Mi portai dietro il lettore cd, in modo da ascoltarlo subito, perché avevo già atteso tanto e non potevo assolutamente far passare ancora mezz'ora, non era accettabile, assolutamente. E così feci il viaggio di ritorno a casa ascoltando il primo dei due cd, entrai in casa e me li gustai dalla prima all'ultima nota (quasi dimenticandomi di nascondere anche il regalo per mia madre per la festa della mamma, ovvero il disco di Bruce Springsteen): ero diventato un loro fan a tutti gli effetti. Ma per suggellare definitivamente questo amore dovetti aspettare ancora cinque anni: nel 2011 venne annunciata la pubblicazione del nuovo album, il primo della seconda era senza Frusciante, ed anche le date del tour. Italia: Roma e Torino. Guardai i prezzi, chiesi agli amici se qualcuno era interessato, ma costava parecchio, i biglietti andarono a ruba e per cui pensai che mi sarei dovuto limitare ad andare al Palaolimpico, sì, ma restando fuori. Poi però ci fu la svolta: una ragazza su Facebook, che sapeva che abito vicino a Torino e che amo i Red Hot, mi scrisse dicendomi che non poteva venire a sentirli e che aveva tre biglietti. In preda alla felicità cercai comunque di mantenere la calma: ero dai miei zii in quel periodo, e dovetti cercare di contenermi per non far sentire le mie urla di felicità per tutti i nove piani del condominio. Presi il telefono, chiamai Ivan ed il Biondo, tenendo un attimo in attesa quell'anima pia che risponde al nome di Arianna: "Ho la possibilità di avere tre biglietti per i Red hot al prezzo d'acquisto, che fate, venite?" "Boia faus, e ce lo chiedi? Certo che sì". Bene, dopo tre minuti scrissi ad Arianna, mi feci dare i suoi dati per mandarle i soldi ed io le mandai il mio indirizzo. Avevo i biglietti! Al concerto andai poi con i miei due fedeli compagni e colei che allora era la mia ragazza, anche lei sfegatata fan dei Peperoncini, e quel concerto fu memorabile. Tra i tanti bei ricordi che mi legano a quel concerto ce n'è uno che mi emoziona sempre in modo particolare: era già passato metà concerto quando, all'improvviso, inizia un arpeggio inconfondibile. Era Under the bridge, il Biondo da circa un quarto d'ora mi aveva raggiunto, e quando si accorse che stava per cominciare quella canzone mi guardò e mi disse: "E' la tua , Ste!!! E' la tua!!!!" Ci abbracciammo e la cantammo dall'inizio alla fine, tutta, in memoria dei tanti viaggi in pullman contraddistinti dal mio cantarla.
Questo è il potere della musica, un potere che ho avuto modo di sperimentare con tanti altri artisti, di tanti generi diversi, dal cantautorato (ed ovviamente chi poteva esserci con me a sentire Guccini se non il Biondo?) al metal, dal folk al black, ma che mi è stato svelato, in tutte le sue forme, da loro: Anthony Kiedis, Flea, John Frusciante, Chad Smith. A volte mi sento quasi in colpa a non sentirli più così spesso come facevo in precedenza, ma poi, a conti fatti, almeno duecento passaggi all'anno per le mie orecchie li fanno sempre.
E dato che tutto è partito da questa canzone e da questo video, non potrei chiudere il post con una canzone diversa. E non è che non posso, più che altro non voglio!
Stefano Tortelli
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