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Monumento in memoria delle vittime delle foibe |
"Ma è sempre soltanto la stessa vecchia storia..." cantano i Modena City Ramblers nella loro Morte di un poeta. Ogni anno, già a partire dal Giorno della memoria e facendosi sempre più diffuso ed invasivo con il passare dei giorni, si leva diffuso il coro di coloro che ricordano gli eccidi delle foibe. Tengo a precisare che questa mia introduzione tutto vuol essere tranne che una giustificazione a priori dell'eccidio (che potrebbe emergere non tanto da ciò che ho scritto ma dal tono che si può evincere), soprattutto perché non può essere considerato un atto convenzionale in regime di guerra ma un vero e proprio crimine di guerra, perpetrato oltre tutto principalmente nei confronti di civili e non di militari.
Credo che innanzi tutto si debba spiegare oggettivamente, avvalendosi anche dei numeri, di ciò che le foibe sono state. Con il termine foibe si considerano gli eccidi che i partigiani jugoslavi ed i servizi segreti jugoslavi attuarono nella Venezia Giulia e nella Dalmazia a cavallo tra la fine della seconda guerra mondiale ed i primi mesi del dopoguerra. In circa cinque anni si stima siano morti circa 11000 italiani durante quella che era una vera e propria deportazione. Buona parte morirono lungo il percorso tra l'Italia e la Jugoslavia, ed i corpi di costoro vennero gettati nelle insenature presenti nella roccia carsica che caratterizza queste zone delle Alpi (tecnicamente le insenature in questione sono definite foibe), mentre altri morirono nei campi di concentramento voluti da Tito (leader della Jugoslavia). Fin qui può sembrare una cronaca fredda e distaccata di un crimine di guerra avvenuto nei confronti degli italiani, per il quale la Jugoslavia ha chiesto scusa, come scusa han chiesto i comunisti italiani (idealmente alleati del governo di Tito, baluardo occidentale del blocco sovietico).
La problematica relativa alla questione delle foibe è l'uso strumentale che la destra italiana ne vuole fare. Perché questi simpatici signori, ereditari dei valori fascisti che l'Italia ha dolorosamente conosciuto, subito e dei quali faticosamente si era riuscita a liberare, hanno voluto mettere questo eccidio come contrappeso alla lotta partigiana, ai vari stermini che tra il '43 ed il '45 hanno avuto come teatro l'Italia intera e dei quali gli esecutori erano i fascisti italiani o i nazisti tedeschi. Questa diatriba sta andando avanti da diversi anni, ed il riconoscimento (dovuto) da parte delle istituzioni di una giornata della commemorazione (il 10 febbraio) dell'eccidio che ha colpito gli italiani di Venezia-Giulia e Dalmazia ha ancor di più avallato le tesi della destra, che porta avanti l'assunto: "Se il 25 aprile è la festa di liberazione, e quindi la celebrazione della resistenza, il 10 febbraio è la festa dell'orgoglio nazionalistico". Inoltre, strumentalizzando le foibe, si vuole declassare l'importanza che ha avuto la lotta partigiana in Italia ed il contributo che ha versato, in impegno ed in caduti, per la liberazione dell'Italia dalla presenza nazi-fascista.
Ciò che non viene però messo in luce è un meccanismo che, per quanto non rappresenti una giustificazione a ciò che gli jugoslavi hanno commesso, fa sì che le foibe e gli eccidi perpetrati nei confronti dei partigiani non possano essere messi sullo stesso piano di analisi. In campo sociologico esiste una teoria che mette in luce come, in particolari situazioni, l'ambito situazionale prevarichi sulla libertà d'azione e di pensiero dell'individuo. Sono state svolte molte ricerche riguardo questo tema tramite degli esperimenti, e si è anche provato ad utilizzare questa teoria per giustificare alcuni comportamenti abominevoli (vi ricordate la prigione di Abu Grahib, quella nella quale i militari statunitensi torturavano con l'elettricità i detenuti, abusando poi sessualmente di loro?) che hanno caratterizzato le azioni di alcuni individui in determinati contesti. Si può giustificare il comportamento dei militari USA nella prigione di Abu Grahib? Ovviamente no, tant'è che la teoria non venne presa in considerazione come attenuante al loro comportamento, ma, anche qui, sarebbe assurdo parlare di due situazioni che si trovano sullo stesso piano (in questo caso le foibe ed Abu Grahib). Il perché è lampante: ad Abu Grahib chi ha commesso queste atrocità era personale arruolato, addestrato, che si trovava lì in quanto aggressore e primo artefice della guerra in atto. Le foibe sono attribuili invece ad individui che tutto erano meno che addestrati alla vita militare, al compito di carcerieri, e che quindi sono stati sommersi dalla situazione estremamente atipica nella quale si erano trovate ad agire. Inoltre bisogna mettere in luce il fatto che loro per anni avevano subito la dominazione italo-tedesca, ne avevano viste di tutti i colori, avevano combattuto e si erano liberati dalla dittatura reazionaria in nome di un'idea che era agli antipodi, e per cui si può considerare una sorta di rappresaglia, di vendetta, ciò che i partigiani jugoslavi misero in atto tra il '43 ed il '47. Se l'uccisione di migliaia di partigiani in tutta Italia è l'attuazione di una repressione unilaterale ad un tentativo di autodeterminazione, l'uccisione di migliaia di italiani nel nord-est è considerabile come una conseguenza di una repressione, invasione e vessazione reiterata per diversi anni.
Sono conscio che questo discorso possa non piacere a molti, perché di fatto sembra quasi che io dica che gli "infoibati" se la siano andata a cercare mentre i partigiani sono vittime di un potere preesistente ed estremamente repressivo. La verità invece è che, se si vuole essere espliciti, a cercarsela sono stati i partigiani, ma il loro essersela andata a cercare è stato il cardine della liberazione dell'Italia: loro erano mossi da ideali di libertà ed uguaglianza che non potevano coesistere con un potere reazionario ed autoritario. Gli italiani vittime degli jugoslavi invece sono stati travolti dagli eventi, come lo sono stati i civili di tutto il mondo durante la Seconda Guerra Mondiale (tanto quanto tutti i civili italiani che sono morti durante i bombardamenti alleati, che sommati tra loro superano di certo le vittime delle foibe).
Da ciò si evince come il discorso sia puramente ideologico. I fascisti, la destra, usano questi 11000 italiani come pretesto per confutare la bontà dell'azione partigiana italiana cercando di far valere l'equivalenza tra partigiano italiano e partigiano jugoslavo.
Facebook, l'opinione pubblica e buona parte dei mass media confermano che le istanze della destra sono considerate valide. Vale però l'assioma che la nostra NON è una democrazia, che l'uomo comune, il qualunquista, NON ha cultura ed intelligenza sufficiente, e che la diffusione dei valori di destra e delle rispettive istanze sia inversamente proporzionale alla cultura media del popolo in cui la destra in questione agisce.
Traete voi le vostre conclusioni. Io dico che i morti sono morti, tanto i nostri partigiani quanto le vittime delle foibe, e che l'autocritica risiede dalla mia parte, sempre pronta, a volte fin troppo, a fare mea culpa di fronte agli errori del passato.
Italia d'oro? Nah, Italia di bronzo... come le facce dei reazionari.
Stefano Tortelli
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