Ognuno di noi ha i propri hobby, le proprie passioni, e talvolta è possibile anche farli coesistere, coltivandoli insieme perché compatibili. E così c'è chi nel tempo libero va a correre, chi pratica sport, chi legge, chi ascolta musica, chi gioca con gli amici, chi va nei musei, chi scrive, chi va ai concerti... chi gioca al computer... In una realtà che definire rurale è un eufemismo, aggravata dal mio essere figlio unico, una volta che in casa è entrato il computer è stato quasi automatico ritrovarmi a giocare con i più disparati videogames, che oltre ad essere vissuti in quanto giocati, erano anche fonte d'ispirazione per alcuni racconti ricchi di immaginazione. Più di una volta, da piccolo, scrissi di uno schermo in grado di assorbirmi e rendermi protagonista in prima persona delle varie avventure in cui mi imbattevo. Dallo sconfiggere gli orchi al guidare una macchina da corsa, dal difendere la Terra dagli attacchi alieni al guidare eserciti di ogni epoca, armati fino ai denti, alla conquista di nuovi territori. Già quindici anni fa c'erano videogiochi di tutti i tipi, e non credo di mentire nel sostenere che negli ultimi dieci anni ben poco si sia inventato, si sia migliorato, se non la grafica, che null'altro fa se non rendere più reale l'esperienza, dilaniando però, di fatto, l'immaginazione.
Con il passare del tempo sono cambiati i gusti in fatto di videogiochi, ma la passione con cui li vivo è rimasta intatta. Complice anche un computer che non è in grado di reggere titoli di ultima generazione e la sterilità dei prodotti della maggior parte dei prodotti del terzo millennio, spesso rispolvero i giochi che già alle elementari mi tenevano incollato allo schermo: sono di fatto due le tipologie di giochi che mi hanno sempre affascinato, ovvero quelli di strategia in tempo reale (nei quali includo i gestionali) ed i giochi di ruolo. Voglio però soffermarmi sui primi, sebbene, per quanto riguarda alcuni titoli della seconda categoria, in particolare la saga di Gothic, ci sarebbe tanto da scrivere.
I giochi di strategia ed i gestionali sono qualcosa di meraviglioso, e se giocati con occhio critico e con il desiderio di apprendere sempre e comunque, hanno decisamente molto da insegnare. Prendiamo due esempi, giusto per potermi spiegare al meglio: la saga di Age of Empires (I + espansione, II + espansione) ed i gestionali storici della Sierra (dei quali prenderò in considerazione il solo Faraon).
La saga di Age of Empires è forse la più famosa nel campo videoludico per quanto riguarda la categoria dei giochi di strategia. Il primo capitolo, nel quale includo anche la relativa espansione, prende in considerazione i primi millenni della storia dell'uomo, ovvero dalla nascita del concetto di civiltà nella Mezzaluna fertile alla nascita di Roma, passando per la grandezza dell'Egitto e la saggezza dell'antica Grecia; il secondo capitolo, che è quello che più mi ha preso (e che tutt'ora, molto spesso, mi vede protagonista), ci catapulta nel Medioevo, tra guerre sante, invasioni barbariche, la scoperta delle Americhe e la difesa dell'Europa dalla minaccia islamica. Tralasciando l'accuratezza storica delle campagne che è possibile intraprendere in entrambi i capitoli, ciò che veramente è importante prendere in considerazione è che esiste una sola via per vincere: la tua civiltà, benché sia votata alla guerra, non può esimersi dall'ignorare il minimo aspetto che la caratterizza. Puoi vincere una guerra senza investire nella tecnologia e nella cultura? No, non puoi. Puoi insediarti tra le rovine di una città nemica senza proteggere innanzi tutto i tuoi lavoratori? No, non puoi. Puoi avere dei guerrieri sempre pronti a combattere senza dar loro una guida spirituale in grado di assisterli in ogni aspetto della loro vita? No, non puoi. Anzi, la prima cosa da fare è proprio far sì che i civili che animano il tuo primordiale accampamento abbiano una casa in cui vivere, siano nella condizione di poter raccogliere le risorse indisturbati, abbiano un riparo in caso di incursione nemica, e soprattutto possano godere di nuove tecnologie per lavorare al meglio nei campi, segare con più efficacia il legname, pescare con imbarcazione adeguate nei fiumi e nei mari. Ma cosa ancora più importante è essere in grado di trovare ad ogni singolo aspirante lavoratore una mansione, perché più gente hai che lavora più in fretta cresce la tua economia e meglio potrai affrontare gli investimenti in cultura, in tecnologia, in ambito bellico. Paradossalmente l'ultima cosa da fare è creare un esercito, perché una volta costituita la propria armata il passo che separa l'essere confinati in un angolo della mappa al renderla tutta obbediente al proprio vessillo è breve e facile. Ma pensare di addestrare soldati senza avere un'economia fiorente alimentata dal duro lavoro di schiere di operai equivale ad un suicidio, significa consegnarsi al nemico, implica il dover ricominciare la partita.
Faraon (ed i suoi fratelli maggiori Zeus e Caesar III) funziona diversamente, ed esalta ancora di più gli aspetti che in Age of Empires sono fondamentali ma meno palesi. La guerra è un aspetto marginale del gioco, ciò che è necessario fare è mettere la popolazione nella condizione di poter lavorare al meglio, avere a disposizione una vasta gamma di beni, avere un luogo dove potersi divertire, avere a disposizione templi in cui pregare i propri dei, vivere in un'ambiente piacevole, ben servito e con ottime infrastrutture. Faraon ti obbliga a mettere al di sopra di ogni cosa le necessità dei cittadini, e più sarai in grado di assecondare i loro bisogni e meglio girerà l'economia della tua città, che crescerà di popolazione, che avrà abitazioni sempre più belle, che produrrà beni da fornire ai cittadini e da scambiare con le città vicine in cambio di altre risorse. In Faraon nulla è lasciato al caso, ed anzi ti trovi nella condizione di dover ben distribuire la tua forza lavoro quando questa scarseggia e di velocizzare il più possibile la realizzazione di nuovi posti di lavoro quando invece la domanda supera l'offerta. Tutto è molto estremizzato in quanto artificiale, ma non si discosta poi tanto dalla realtà ideale di qualsivoglia agglomerato urbano, di qualsivoglia nazione, di qualsivoglia realtà animata da un gruppo di persone.
I politici attuali erano forse già troppo grandi quando queste due saghe occupavano gli scaffali dei negozi di videogames, perciò do loro l'attenuante di non aver potuto godere da giovani di questi saggi insegnamenti derivanti da queste ludiche allegorie... ma ai politici di domani imporrei un tot di ore passate a giocare ad Age of Empires o Faraon, obbligandoli a finire entrambi i titoli con impostata la difficoltà massima e senza trucchi. Scommetto che poi si dimostrerebbero più saggi nel momento in cui si dovessero trovare a governare. Altro che tagli alla scuola ed alla ricerca, altro che massacrare le classi produttive rendendole improduttive, per fare esclusivamente i comodi dei ricchi e degli imprenditori oltre che dei signori della guerra... anche perché da Faraon riceverebbero una bella lezione di vita che, a giudicare dall'andazzo generale, nella realtà difficilmente otterrebbero: se per più di un anno metti nella condizione i tuoi cittadini di essere arrabbiati, affamati e non in grado di pagare le tasse, in poco tempo, armati di fiaccole e bastoni, ti ripuliscono le esattorie, il palazzo del governo e la magione...
Se quindi la realtà non insegna molto, è necessario carpirli dai mondi fantasiosi gli insegnamenti. Da libri, fumetti, musica, film... ma anche da certi videogiochi....
Per concludere, rimanendo in tema, Age of Empires, oltre ad essere un gioco meraviglioso, ha una colonna sonora di tutto rispetto... del resto io amo studiare con la musica di sottofondo!
Stefano Tortelli
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