Il 21 gennaio 1921, a Livorno, alla fine del Congresso del Partito Socialista Italiano, la corrente della sinistra radicale si dissocia e da vita, con una scossa (propria della corrente), al Partito Comunista Italiano, ottenendo oltre tutto l'appoggio totale da parte della Federazione Giovanile Socialista, divenendo così la Federazione Giovanile Comunista d'Italia. Gramsci ha trent'anni, Togliatti ventotto. Berlinguer deve ancora nascere.
A scrivere tutto questo sembra sia passata un'era geologica, invece sono "solo" novantaquattro anni. In sé per sé non ha particolare importanza sottolineare l'età di Gramsci e Togliatti quando nacque il P.C.I., come non ne ha mettere in luce il fatto che la FGSI appoggiò lo scisma divenendo così FGCI. Ma invece l'importanza è enorme, è un punto dal quale non si può prescindere, è un aspetto che non si può ignorare. La scissione di fatto non avvenne per motivazioni eclatanti, ma per differenze minime, di carattere ideologico-filosofico, per elementi che rasentano il futile. Il vero segnale, che poco si è compreso dagli anni '80 in poi, è un altro: i giovani, ed i giovanissimi, desiderarono dare uno strappo, andare oltre, schierarsi nell'estrema sinistra, adottare idee ancora più innovative. I giovani, ancora entusiasti, ancora puri, ancora vivi vollero provarci, mentre i più vecchi preferirono rimanere fermi sulle loro posizioni, vivere delle glorie del passato, senza accorgersi che nel seno del partito stava pian piano crescendo indisturbato il più grande nemico delle idee social-comuniste: un "ideale" reazionario, promosso da Benito Mussolini, che in poco tempo si sarebbe trasformato nel Partito Fascista che tutti conosciamo. Ma in quel momento preoccupavano di più i giovani leninisti che ammiravano la Presa del Palazzo d'Inverno, che vedevano in Lenin una guida perfetta per il Comunismo europeo, che sognavano un marxismo applicato in tutto e per tutto, non corrotto dalla sete di potere e dalla boria di chi poteva dirsi arrivato. Perché è curiosa la situazione dei partiti di centro-sinistra italiani: se a destra, bene o male, sanno che il nemico comune siamo noi, facendo così un fronte unitario e compattandosi nonostante le differenze, al di qua della barricata ci sono continui scontri, continue tensioni, che non possono far altro che portare alla divisione continua. Non avranno letto i trattati di Giulio Cesare, i vari leader di centro-sinistra, o se l'han letti hanno creduto di esser loro l'imperatore in questione, quando invece erano solo una delle divisioni volute, quando invece anch'essi erano sotto il potere. E c'è voluta una guerra persa in partenza per far sì, che dopo tre anni, il fronte comune nascesse dando vita al Comitato di Liberazione Nazionale. E comunque, dopo il '45, le cose sono tornate al punto di partenza. Come prima del Fascismo, come prima degli esili, come prima della persecuzione ideologica.
Ci siamo sempre sfaldati, dunque, e lo sfaldamento anziché portarci sempre più a sinistra ci ha portati sempre più al centro, fino a trovarci con correnti pseudo-democristiane all'interno del PCI, fino ad avere nel Partito Socialista gente come Cossiga, padre spirituale del rampante Berlusconi.
Ed io dico: ma come cazzo si fa? Come è possibile? Poi guardo Facebook, leggo gli interventi degli attuali "vecchi" della politica di sinistra, da Rizzo a Ferrero passando per Vendola e capisco. Questi si sono presi la nostra bandiera, l'hanno fatta a stracci e se la sono ricucita addosso in una sartoria del centro di Milano, trasformandola in un abito da sera. Meraviglioso, per carità, ma è soltanto un vestito. E questi vestiti non sono nemmeno tutti uguali: c'è quello rosso rosso, c'è quello rossiccio, c'è quello arancio scuro (ah sì, questo è il buon Ingroia), c'è quello rosso papavero. E si odiano tra di loro, perché fanno a gara a chi ce l'ha più (g)rosso anziché dire: "Cavoli, a questa festa, a questo ballo mascherato, siamo gli unici ad aver scelto vestiti tendenti al rosso, gli altri sono blu, bianchi, neri, verde smeraldo, gialli. Beh, facciamo due chiacchiere tra di noi, vediamo se oltre al vestito c'è di più". Ma non si sono quasi mai parlati, non si sono mai confrontati, ed intanto i vestiti che hanno addosso cominciano a macchiarsi, cominciano a scolorirsi, cominciano a puzzare. A puzzare di vecchio, a puzzare di ingiurie e speculazione, a puzzare di stantio.
Tutti loro però si infastidiscono quando sentono dire da altre parti che le loro idee sono vecchie, sorpassate, inutili. Hanno ragione ad infastidirsi, ma non hanno capito che se queste idee appaiono vecchie è perché i vecchi sono loro! Si comportano come la "vecchia mai stata moglie, senza mai figli senza più voglie": danno continui cattivi consigli ai loro seguaci, indottrinandoli e mettendoli innanzi tutto contro chi è simile a loro, contro chi è come loro. E trasmettono anche ai più giovani una strana malattia: la vecchiaia, la chiusura, l'essere reazionari. Rossi, ma reazionari. Una contraddizione assurda. E lo racconto per esperienza diretta: feci la tessera del PDCI (quello di Diliberto, per capirci... tra l'altro che fine ha fatto?) nel 2009, perché a scuola c'erano altri compagni come me e ne erano militanti. Ed appena entrato i primi discorsi che ho sentito fare non erano di costruzione, di rafforzamento del proprio partito; erano di presa in giro a ciò che faceva Rifondazione, alla inconsistenza di Sinistra Radicale o del PCL, e cose così. Tant'è che alle riunioni sono andato poco spesso, preferendo poi "sporcarmi" le mani facendo volantinaggio, informando, raccogliendo le firme per i referendum. Facendo politica. Non parlandone.
Ed ora un po' capisco i giovani che hanno votato Movimento Cinque Stelle quando è nato. Perché tolto Grillo la maggior parte dei militanti erano giovani che avevano delle speranze, che avevano delle idee, che hanno fatto politica nel loro ambito, ritrovandosi poi catapultati in una dimensione troppo grande per loro, guidati oltre tutto da un personaggio che tutto era tranne che affine alle loro idee. Sbagliare ci sta, e non do contro né a chi l'ha votati né a chi di Grillo è andato in parlamento. Ma perseverare è diabolico. Ed è diabolico sia continuare a votare Grillo sia continuare a litigare ed ad "ammazzarci" a livello ideologico, oltre tutto usando le stesse armi: la falce ed il martello.
Bisogna ripartire dalla base, bisogna ricominciare a fare come un centinaio di anni fa. Fare politica in casa, al pub, tra amici; dare appoggio a noi giovani, confidare nella nostra voglia di fare, nella nostra candida inesperienza, nella nostra intatta purezza, nelle nostre enormi passioni. Perché siamo noi che ci stiamo giocando il futuro, ed è un futuro che nel peggiore dei casi durerà cinquant'anni, nel migliore chissà... Ma proprio perché sarà lungo abbiamo molto da perdere, ma tutto da guadagnare. Ed è quindi ora di riproporre lo scisma: lo scisma dai vecchi politicanti (che abbiano trenta o sessant'anni conta poco, lo stampo è vecchio), il riversarci nelle strade, l'issare le vele rosse, confidando nel nostro amico vento che continua a soffiare, continuando a cercare il sole dell'avvenire. Che, come noi, come gli eroi, è giovane e bello, grande e potente, intenso e vitale.
Stefano Tortelli
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