lunedì 12 gennaio 2015

La disintegrazione dei significati - Bellezza 2.0



Butta male, gente. Butta decisamente male. 

E credo che alla base di tutto ciò ci sia, per l'ennesima volta, l'incapacità totale di comunicare. Ci è stata imposta, non c'è dubbio, ma non si può considerare questa una giustificazione. Un seme, per crescere, deve trovare terreno fertile; un amore, per nascere, deve essere corrisposto; per dar la vita bisogna essere in due. E quindi se un certo modus vivendi et operandi ha avuto così successo vuol dire che la colpa è stata anche nostra. Soprattutto nostra. Li abbiamo lasciati fare, ci siamo lasciati affascinare, abbiamo voluto credere.

Ma alla fine ci hanno preso tutto. E non sto parlando di beni materiali, poiché anche la necessità di possedere ci è stata inculcata. Tolti il cibo, l'acqua, un tetto e dei vestiti, ben poche altre cose sono realmente fondamentali (e non per niente, teoricamente, sono diritti inalienabili di ogni individuo). Io parlo invece della nostra essenza, della nostra capacità comunicativa, della curiosità, della sete di sapere, della fame di conoscenza. "Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza", ma forse le cose sono cambiate dai tempi di Dante. Solo che mi rendo conto che ormai manca la capacità di riconoscere il bello, il buono, il giusto, il vero, ed anche il saper definire in modo appropriato ciò che ci circonda, di conoscerne ed interpretarne il significato. 

E' in questo, più che in ogni altra cosa, che stanno vincendo loro. Ma soprattutto è stata la prima battaglia che hanno intrapreso, dalla quale scaturiscono poi tutte le altre. E ci ritroviamo sì, ora, a viver come bruti. Profumati, con i soldi in tasca, vestiti dai più famosi stilisti e marchi, con sotto il culo l'ultimo modello di automobile e con la speranza di una bella donna o un bell'uomo al nostro fianco, anch'esso con il portafoglio pieno, e possibilmente più del nostro, perché sì, abbiamo, ma poter avere di più ed in cambio del nostro "amore" (dio, mi sento uno schifo a scriverlo in questo contesto) fa sempre comodo, non si sa mai come vanno le cose, ed un buon paracadute è sempre ben accetto. Anche perché è gratis, cosa si può volere di più? 

Il problema è che l'uomo comune vuole continuamente, vuole di più: l'uomo comune accumula, ammassa, lascia ad impolverarsi oggetti, persone, amori, passioni, consapevole che tanto basta soffiarci sopra per riprenderli quando se ne sente la necessità. Ma solitamente non succede, restano lì, ad occupare spazio e lasciandone sempre meno, e quindi "donandogli" l'esigenza di averne di più. E sebbene l'abbondanza e l'opulenza (ok avere, ma bisogna mostrare ciò che si ha, altrimenti si è dei poveracci quanto il senzatetto di Porta Nuova) siano i must della nostra società moderna, questi sono stigmatizzati ed osteggiati quando, anziché materializzati, acquistabili, tangibili, sono mentali, propri dell'essere, propri dei sentimenti. E mai sia che tutto ciò porti addirittura a cedere qualcosa di materiale! Che blasfemia, che assurdità, che anti-modernità, che atto sovversivo. Probabilmente è un rapporto inversamente proporzionale: più si ha, meno si è, e meno si ha i mezzi per provare a dimostrare di essere. Perché a fronte di una ricchezza materiale si palesa una povertà in termini culturali, linguistici, intellettivi. E questo si evince quando il termine "bello" viene esteso a decine di campi semantici, portandolo ad essere il sostituto di tanti altri aggettivi più appropriati. Ora, forse non c'entra nulla la parentesi che sto aprendo, e nel caso vi chiedo scusa, ma credo che possa essere utile: mi è capitato più di una volta di far ricorso ad una metafora che un giorno, ascoltando la canzone Diamanti e carbone di Cisco, si è materializzata nella mia mente. "I diamanti sono di inestimabile valore in quanto rari, in quanto frutto di processi fisici estremamente complicati ed impossibili da riprodurre artificialmente. Se così non fosse, sarebbero cristalli qualsiasi, privi di ogni loro particolarità, privi del loro innato valore". E per cui mi chiedo: che valore ha il concetto di bellezza se lo si sperpera continuamente? Da quando la bellezza è sinonimo di utilità, di convenienza, di comodità, di funzionale? Come si fa a definire bello essere ricchi? Come si può considerare bello uno strumento come il denaro, che fa stare in pena miliardi di persone? Come si può dire che è bello, per esempio, un computer, che solitamente è nero, fatto di materiali tutt'altro che raffinati, e che di per sé ha isolato le persone convincendole che sono sempre in stretto contatto?

Per me bello è un sorriso regalato da un passante, per me è bella una canzone, una poesia; per me è bello un gesto di solidarietà, per me è bella la persona che incarna ciò che cerco. L'intelligenza è bella, lo sguardo intenso di una donna è bello, la voce decisa di un cantante è bella. L'amore è bello. Bello è tutto ciò che dona emozioni, e qui posso venir contraddetto da chi può sostenere che il denaro è bello perché con esso si comprano emozioni. Sì, vero, ma è un mezzo, e se l'emozione, alla luce dell'accumulo, è data dallo spendere e dall'avere e non dall'empatia, e quindi dall'essenza che proviene da ciò che si compra. E mi si può anche dire che chi ama un oggetto da vita al bello: può darsi, ma qui si gioca nel vostro stadio, non nel mio, non ho assolutamente idea di ciò che significhi.

Ed alla luce di questo mi metto per primo in gioco io: forse sono io che sbaglio, forse la bellezza è davvero ovunque ci sia un'etichetta, ovunque vi sia un servizio o un bene che soddisfi un bisogno, possibilmente istantaneamente, possibilmente in offerta 3x2. Ed è forse anche per questo che, quando credo di donare della bellezza attorno a me, rimango facilmente deluso, o comunque trovo stupore ed interdizione. E mi viene da pensare, scrivendo ciò, a quando con la mia ragazza d'allora, ad aprile dell'anno scorso, diedi la nostra ultima sigaretta ad un mendicante a Torino: lui che non la voleva assolutamente, lei che era rimasta spiazzata davanti a questo gesto, ed io che insistevo perché la prendesse, sebbene avesse una sciarpa del Milan che un po' mi turbava. O quando mi viene automatico sorridere ad un bambino in braccio alla madre: gli sorrido, ma sempre con circospezione, perché questo è un mondo malato, perché la madre facilmente si indispettisce e chissà cosa crede. O quando su un pullman le persone strabuzzano gli occhi se vedono me o altre persone far sedere un anziano. 

E' proprio vero. Butta proprio male. A forza di espandere i termini che tanto ci fa piacere sentire non sappiamo più riconoscerne il senso, ma soprattutto non sappiamo più apprezzarne la reale manifestazione, che è l'unica veramente degna di esser definita tale. 

Ho voluto utilizzare il concetto di bellezza per spiegare tutto questo, ma avrei potuto usarne tanti altri (l'amore, ad esempio, è un altro termine estremamente inflazionato, così tanto da essere calpestato quando veramente ci si trova ad ammirarlo davvero... perché le meccaniche della società impongono ciò; se Romeo e Giulietta non hanno potuto godere del loro vero amore a causa dello scontro tra le famiglie, ora non potrebbero perché probabilmente o Romeo o Giulietta andrebbero a trovare una soluzione di comodo, di convenienza, definendo il tutto poi come amore, come bellezza.. ma con un vuoto enorme, che in cuor loro sanno di non poter colmare). Però ecco, la bellezza è forse il concetto che più si vuole espandere e traviare, fino a vanificarlo, proprio perché è il più legato alle emozioni, è più legato ai sogni, è più legato alle speranze. Ed è quello che più può smuovere i sederi anestetizzati delle masse.

Ma finché questo non sarà chiaro a tutti, finché la nostra società sarà impostata in questo modo, tante sedie continueranno ad essere calde ed appiccicose, e tanti sederi continueranno ad essere insensibili... occhio però, queste sono le circostanze più favorevoli a ritrovarsela in quel posto da chi sta sopra... ovviamente, senza che ce ne si accorga... 

Ps: la foto sopra è stata scattata da mia madre, a mio padre e me, quando neanche avevo compiuto un anno. Credo sia la più bella foto che io abbia mai ammirato, e non perché ritrae me, la mia famiglia, non perché l'ha fatta mia madre, ma perché è ricca di emozioni, perché ritrae il frutto di un'emozione, perché ritrae due fonti di emozioni, perché è stata scattata da una madre di emozioni. Questa è bellezza. 



Stefano Tortelli

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