George Caleb Bingham, "Daniel Boone scorta i coloni attraverso il Cumberland Gap"
Oggi non poteva andare diversamente, oggi non potevo che passarlo ad ascoltare ininterrottamente De André. Cosa che tutto sommato non è isolata a questa data: da sette anni a questa parte è in assoluto l'artista che più ascolto, le motivazioni sono state ampiamente riportate nel post di ieri, ma solitamente è inframezzato da quelli che ho chiamato "amori passeggeri". Sono cotte, gli altri artisti, De André è l'amore, è quello a cui ho giurato eterna lealtà.
E nel mio ripercorrere la sua discografia mi sono imbattuto in Rimini, canzone che l'anniversario della scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo ho utilizzato per accompagnare le seguenti parole, ancora mancanti in questo blog. E visto che, alla luce dei fatti recenti, figli di un apparente scontro di culture, questa analisi del rapporto Europa-America non è affatto campata in aria (necessita solo di una ricontestualizzazione, ma è sufficiente un piccolo sforzo mentale per attuarla), desidero ora riproporvele.
"E Colombo la chiama
dalla sua portantina
lei gli toglie le manette ai polsi
gli rimbocca le lenzuola
"Per un triste Re Cattolico - le dice -
ho inventato un regno
e lui lo ha macellato
su di una croce di legno.
E due errori ho commesso
due errori di saggezza
abortire l'America
e poi guardarla con dolcezza
ma voi che siete uomini
sotto il vento e le vele
non regalate terre promesse
a chi non le mantiene ". "
12 ottobre 1492: Cristoforo Colombo scopre, per caso, quasi per Errore, l'America.
29 giugno 1520: l'Imperatore azteco Montezuma muore nella capitale Tenochtitlan per mano degli spagnoli di Cortés.
Ventotto anni nell'arco della storia dell'uomo equivalgono a malapena ad una stagione della vita di un uomo. Tre mesi, qualcosa in meno, qualcosa in più.
Il primo approccio non era nemmeno stato tanto negativo, anzi. C'era interesse, curiosità, si erano aperte migliaia di possibilità sia per chi in America ci viveva da millenni sia per chi manco sapesse che esistesse. Scambi commerciali, scambi di convenevoli, la nuova Terra era per coloro che per caso ci si erano imbattuti come un paradiso, pieno di ricchezze, di nuove piante e nuovi animali, tappezzato da opere dell'uomo che competevano senza troppe difficoltà con le piramidi d'Egitto, il Colosseo, Stonehenge e le grandi cattedrali del Basso Medio Evo; e per chi quella nuova Terra la conosceva come le proprie tasche i nuovi arrivati erano uno stimolo, poiché considerati divinità in sella a grandi animali, vestite con stoffe pregiate ed armature scintillanti. Erano bellissimi questi dei.
Ma poi la sete di potere, la sete di ricchezza, il voler sempre qualcosa di più di quelli che fino a poco tempo prima ritenevano che la terra fosse piatta (anzi, lo credevano ancora) perché nessuno aveva mai pensato di mostrargli, ancora, che le cose non erano proprio come erano abituati a pensarle, e soprattutto non ne avevano ancora avuto la prova, fecero sì che chi in quella nuova Terra ci era sempre stato venisse depredato, ucciso, stuprato, macellato, ed infine totalmente cancellato.
In nome di una Croce di legno, dice De André: sì, in nome delle antiche credenze, in nome degli antichi "valori", ma soprattutto in nome degli interessi di chi per caso aveva scoperto quel paradiso.
Prima lo amava, lo adorava, vedeva in quel nuovo amore una nuova opportunità, con la quale condividere ed evolversi insieme. Ma poi l'ha annientato, deturpandolo fino al midollo...
E rendendolo peggio di quanto fosse il Vecchio, di mondo.
Tutto questo per dire che basta veramente poco per trasformare una terra promessa in un oblio, se non si sa come "mantenerla" tale.
America, imperi coloniali, imperi economici, e chissà, una futura colonizzazione della Luna e dei pianeti a noi più vicini. La sorte è stata, è e sarà sempre la stessa, almeno finché l'uomo non cambierà il suo modo di agire, di approcciarsi al nuovo, di rapportarsi al diverso.
Stefano Tortelli (testo in corsivo 12-10-2014)
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