venerdì 9 gennaio 2015

Quello che non mi mancherà - le mie ultime quattro sigarette



Una l'ho appena accesa, le altre seguiranno la sua fine di stasera. Il pacchetto di tabacco vuoto, insieme alle cartine ed i filtri superstiti, sono già nel cestino. 
Non sarà una passeggiata, in tanti ci hanno provato fallendo, e se io seguissi la loro sorte sarei solo uno dei tanti. Ma a me fallire non è mai piaciuto, ed allo stesso tempo ho adorato le sfide difficili. Non sempre le ho vinte, anzi, ma già solo prendere parte ad un tenzone proibitivo ha la sua bella dose di stimoli, e sicuramente conferisce una dose non indifferente di esperienza. 
Che poi questa sfida me la sono andata a cercare quella sera di quasi cinque anni fa quando accesi la prima: che scemo, solitamente si comincia ben prima, e si dice che si passano i venti senza cominciare, poi non si comincia più. Ero quasi arrivato al traguardo, mancavano nemmeno otto mesi, ma quel sabato sera di metà marzo mi fregò, ci cascai. E quel che più mi aveva ingannato fu che non tossii, fu che non mi diede fastidio, fu che lo trovai familiare quel fumo, benché fosse la mia prima volta. Chissà, sarà perché in famiglia tutti han sempre fumato, sarà perché i miei amici fumano, sarà perché i miei polmoni, dopo aver sconfitto l'asma, dopo averne viste a causa di questa malattia di tutti i colori, non si scandalizzarono poi più di tanto a dover accogliere questo denso gas. 
Tra l'altro questo non è nemmeno il momento migliore per smettere: sono sotto esami, è un periodo in cui di tensioni ce ne sono tante, sono giorni di battaglia, ed il tabacco aiuta, sul momento, ad alleviare lo stress, a calmare il corpo sempre in tiro, per non parlare della mente in continuo movimento. 
Il problema è che mi sto rendendo conto che riesco a fare a meno di diverse cose, al momento, ed alcune di queste potrebbero ben presto esserci se solo smettessi di spendere una decina di euro alla settimana in questo vizio/passione/distrazione. Al momento devo rinunciare all'amore ed all'amare, al momento sto rinunciando senza problemi al sesso, evito di uscire ogni sera perché so che poi bevo sempre qualche cosa e, per il piacere che mi dà, mi infastidisce lasciare dai 5 ai 10€ a serata al pub in birra o alcolici, e di certo non mi faccio grossi problemi a rinunciare ad un concerto perché non ho i soldi per il biglietto. Ma se mi viene così facile rinunciare a queste cose, sia per volontà o per impossibilità, allora dev'esser possibile fare altrettanto con il tabacco. 
Dicono che è una schiavitù, il fumo, una dipendenza. Ed io che ho sempre detestato le catene, a partire da quelle del sangue (e forse proprio per questo ho un bel rapporto con i miei genitori ed i miei parenti) fino ad arrivare a quelle socio-culturali, dovrei assolutamente liberarmi di queste. Anche perché sono aleatorie, come ciò da cui sono dettate: il fumo si disperde, ed anche queste catene meritano la stessa fine.
"Quello che non ho è quel che non mi manca". L'ho scritto a matita sull'armadio qualche mese fa, su uno stipite che dà sulla scrivania, per ricordarmi ogni giorno che ciò che non c'è, se non c'è, è perché posso farne a meno. 
Bene, ne ho ancora tre al momento. Quando non ne avrò più, farò sì che non mi mancheranno. E non perché ci saranno, ma perché mi auto-convincerò che no, non mi mancano, non mi servono, non ne ho il bisogno. E pazienza, perderò un elemento del trittico "Di tabacco, di vino ed anche d'incenso", proprio dell'Uomo di Finardi, ma penso che sia l'ultima cosa che ne determina le qualità, di quell'individuo così unico ed introvabile che spero di diventare.


Stefano Tortelli



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