venerdì 9 gennaio 2015

Desacralizzazione - L'ennesimo fallimento della cultura dell' "Anti"




Ho sempre portato avanti, da quando ho preso coscienza di questo meccanismo, che se una persona o un insieme di persone credono che un certo comportamento sia attuabile è perché loro, per primi, potrebbero farne ricorso. Per fare un esempio banalissimo ma estremamente fruibile e forse a molti comune, è il classico timore di venire traditi nonostante si creda di essere amati: se viene valutata seriamente questa possibilità nonostante si supponga siano reali i sentimenti del partner, allora il vero possibile traditore, in primis, è chi ha questo timore. 

E quindi, a sentire i vari razzisti anti-islamici neofascisti mi viene da pensare che loro, potessero, avessero il coraggio, davvero impugnerebbero le armi per una nuova crociata puramente basata sulla differenza religioso-culturale. Ieri però sottolineavo come nelle più alte sfere della società la religione e le differenze culturali ben poco siano realmente prese in considerazione: sono solo utilizzate come slogan e capri espiatori per dar adito ad epifanie di massa, ad unire il popolo contro il nemico comune, a mettere la base nella condizione di sacrificarsi pur di mantenere intatto il proprio credo, il proprio stile di vita, la propria esistenza, la salvezza della propria anima. E quindi si potrebbe asserire che la lapidaria frase di Marx, "La religione è l'oppio del popolo", sia esatta: del resto le droghe esaltano e non fanno pensare, le droghe rendono iperattivi ed allo stesso tempo disattivano la parte del cervello che porta al ragionamento razionale, e quindi sì, Marx aveva ragione, i regnanti ogni giorno ci propinano "la nostra dose quotidiana" e via, tutti pronti a difenderli in nome di Dio. 

Marx, nella sua analisi, che assolutamente è condivisibile, dimentica però di analizzare i modi in cui l'uomo comune, la classe operaia, i contadini, i dipendenti, in sostanza tutte categorie riconducibili alla base, alla classe sociale che sta in basso (ma che regge in piedi la piramide, e se questo lo capissimo tutti ci vorrebbe poco a far crollare l'intera costruzione), siano i primi a votarsi, siano i primi a credere, siano soprattutto i migliori credenti. Perché chi già aveva grossi problemi a sopravvivere (ora preferisco dire "arrivare a fine mese", cercando di mantenere lo standard di vita a cui si è abituati... altra questione spinosa, che prima o poi affronterò) abbracciava un credo religioso così facilmente, limitando ulteriormente la propria libertà d'azione, legandosi al piede un'altra catena che viaggiava parallela a quella del potere temporale? 
Nei miei studi ho avuto modo di imbattermi in Durkheim, uno dei padri, come Marx, della sociologia moderna. Una volta non esistevano nette divisioni tra le "mansioni" del sociologo, dello storico, dell'antropologo, del filosofo (e sarebbe ottimo si ritornasse ad agire in questo modo; le etichette sono sempre state un grosso limite al sapere, ed ora che tutti potremmo essere dei grandi saggi si è ancor di più acuita la suddivisione tra i campi del sapere, perché è molto più facile non avere a che fare con un "super-uomo" onnisciente), tant'è che Durkheim l'ho incontrato sui manuali di sociologia, nel corso di storia delle religioni, durante le lezioni di antropologia, e sicuramente anche chi studia psicologia ha avuto a che fare con lui. Ed il suo pensiero mi ha sempre affascinato, tanto da interiorizzarlo e farlo mio: senza dilungarmi troppo, Durkheim considerava la religione come un processo collettivo che dà agli individui, attraverso i riti e le credenze, ovvero i fenomeni religiosi, la possibilità di separare la vita di tutti i giorni, nella quale esistono differenze, fatiche ed oppressione, da quella sacra nella quale tutti siamo uguali, di fronte ad un'entità superiore, ma soprattutto davanti ai nostri occhi. Lui la chiamava demenza collettiva, poiché ognuno delega al sacerdote, all'esecutore del rito, il compito di dar vita al fenomeno religioso, limitando così le proprie capacità, le proprie facoltà. A vederla così, a livello puramente teorico, si può pensare a quanto assurda sia la religione, a quanto sia limitante, quanto, in maniera estrema, privi l'individuo di ogni velleità.

Ma a livello pratico, ed è qui che voglio arrivare, il discorso è nettamente diverso. Pensiamo a quanto fosse centrale (ed in alcune località rurali, anche in Italia, ancora adesso è così) la figura del parroco nella vita di una comunità: il religioso, colui che incarnava il potere della Chiesa (ed utilizzo l'esempio cristiano perché più fruibile e più visibile), non solo aveva il compito, che arrivava dall'alto, di compiere i riti quotidiani. Il religioso era confidente, il religioso era psicologo, il religioso era la guida, era la figura attorno alla quale stringersi nei momenti di crisi, in quelle situazioni in cui non si sapeva più dove sbattere la testa. E le comunità religiose si prendevano cura dei malati, degli anziani, dei disabili, dava sostegno a chi economicamente non ce la faceva. Certo, non dandogli soldi, ma accogliendolo, trovandogli un lavoro, mettendolo nella condizione di poter condurre una vita più sopportabile. 

Durkheim studiò anche i processi che portano al suicidio, ed in quello che viene definito "suicidio egoistico" si sofferma ad analizzare come il suicida possa essere portato al suo gesto estremo dall'instabilità sociale, familiare, religiosa, in sostanza dall'assenza di legami forti nei confronti di altri simili. La religione è sempre stata l'appiglio di coloro che hanno avuto difficoltà ad inserirsi nel tessuto sociale, a costruire rapporti umani, ad instaurare legami amorosi o d'amicizia. Una scelta di comodo forse, un paracadute sociale da utilizzare in casi estremi, sì. Ma c'era. 

Ora, a livello temporale, a livello puramente sociale, puramente laico, cosa c'è di realmente adatto a sostituire la religione e le sue espressioni in ogni comunità? Chi c'è realmente per chi non ha un soldo, per chi ha perso il lavoro, per chi ha difficoltà a relazionarsi? Ma soprattutto dov'è che la desacralizzazione ha avuto successo, non minando eccessivamente la stabilità psicologica dell'individuo che ne è stato privato? Ci sono tre esempi che mi vengono in mente, provenienti da tre epoche diverse, che hanno mostrato come si può realizzare una sostituzione della religione, ma che allo stesso tempo hanno mostrato un esito curioso, se non paradossale: Cesare Augusto, una volta divenuto Imperatore di Roma, ha sostanzialmente declassato i culti nei confronti degli Dei, consapevole di quanto la classe sacerdotale potesse essere una minaccia tanto quanto il senato, ma subito dopo ha innalzato se stesso e suo padre (Giulio Cesare) a rango di divinità (forse influenzato dalla cultura Egizia); processo simile l'ha adottato Napoleone, che al momento dell'incoronazione si è da solo posto la corona sul capo, privando di fatto il Papa e la Chiesa del loro potere istituzionale-religioso, ed allo stesso tempo per i suoi sudditi era diventato una semi-divinità; ed infine l'Unione Sovietica, dove la Chiesa è stata privata di ogni suo potere e di ogni sua proprietà, salvo poi instaurare una sorta di culto nei confronti della Madre Russia e dei padri della Rivoluzione. In sostanza, quindi, le religioni sono sì state indebolite o addirittura cancellate, ma per creare qualcosa che potesse assolvere ai loro compiti si è sostanzialmente elevato a rango di Dio una persona, una realtà fisica, un'ideale. Ci troviamo quindi di fronte ad una sacralizzazione di ciò che è laico, e la si può vedere anche in tanti altri campi, senza dover per forza parlare a livello statale: Che Guevara è entrato di diritto nella mitologia del Socialismo, Kurt Cobain è nel pantheon della musica, Peppino Impastato è un eroe della lotta alla mafia, e si può andare avanti all'infinito.

Ma tornando alle "sostituzioni" a livello istituzionale, laddove la laicizzazione è stata seguita dal rendere sacro un elemento laico i frutti sono stati raccolti. Perché Roma sotto gli imperatori ha vissuto i suoi secoli d'oro, fino a quando Costantino non ha reso religione d'Impero il Cristianesimo (non è stata l'unica causa del crollo dell'Impero, sia chiaro, ma sicuramente è stato un elemento non poco destabilizzante); perché Napoleone ha saputo attraverso le strutture del suo Impero migliorare la condizione dei suoi sudditi, e sono stati più quelli che hanno pianto alla sua morte che quelli che hanno gioito; perché l'Unione Sovietica ha resistito fino alla sua dissoluzione, promossa in primis da Papa Wojtyla, ma l'attualità non sta premiando affatto né la Russia né tutti gli Stati dell'ex Blocco Sovietico, e nemmeno la stabilità ed il benessere globale ne hanno giovato, anzi.

E dove al potere religioso non c'è stata alcuna sostituzione? Beh, a Natale si parlava in famiglia dell'alto numero di suicidi, di omicidi e di reati che stanno animando le cronache degli ultimi anni, da quando la crisi si sta facendo sentire, da quando migliaia di persone in Italia non sanno più a che Santo votarsi per sopravvivere fino al giorno di paga (se un giorno di paga hanno). Già, non sanno più a che Santo votarsi; e questo perché in Italia la laicizzazione, e quindi il rendere statale ciò che prima era ad appannaggio della Chiesa, non è stata seguita da un adeguato sistema di supporto sociale non-religioso, non si è dato vita ad un qualcosa in grado di alleviare la tensione in modo efficace quanto le preghiere, quanto il supporto di un religioso, quanto una confessione o un atto di dolore. E soprattutto non è stata stimolata l'auto-determinazione, la consapevolezza nei propri mezzi, la possibilità di realizzazione in base alle proprie capacità, siano nulle o siano totali. Non è stato fatto nulla, in sostanza, per dare una ragione d'essere a milioni di persone, che di fronte alle difficoltà si smembrano, si dannano, si disintegrano. E smembrano, dannano, disintegrano. Ci troviamo quindi ad una carenza enorme di valori, ad un'inestimabile smarrimento, ad una totale assenza di "cristiana solidarietà". E paradossalmente le prime a muoversi per aiutare queste persone sono le strutture religiose o quelle che ne hanno simulato il modus operandi. Che siano quindi associazioni di stampo religioso od Onlus laiche, in ogni caso l'agire è lo stesso, il prodigarsi per gli altri è immutato. Ma a livello statale tutto questo manca, e viene molto più facile staccare un assegno di disoccupazione o creare contratti ad hoc, facilmente stracciabili, per chi ha particolari necessità anziché creare un reale Welfare State che offre servizi anziché denaro mai sufficiente per pagarli. E così scomparirebbero tante malattie psicosomatiche, in molti prima di suicidarsi ci penserebbero due volte, in tanti altri prima di massacrare la propria famiglia rifletterebbero un attimo.

Lo smarrimento che è venuto a crearsi ora è dovuto a tutto questo, ed a tanti altri fattori. Ma come per l'Impero romano l'imposizione del Cristianesimo è stata una componente non indifferente per la sua destabilizzazione ed i successivo crollo, la desacralizzazione che non ha visto una reale sostituzione porterà allo stesso risultato. E più non si fa, più ci si avvicina, al nostro crollo.

Se si comincerà invece ad operare ad una riproposizione, in termini laici, di ciò che prima era proprio della religione, beh, sarà proprio il caso di cantare tutti insieme un'Hallelujah... laica, però.


Stefano Tortelli



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