lunedì 15 dicembre 2014

Canzone della sera #2

Stasera vi saluto con una canzone che per molti motivi in passato ho fatto mia. L'ho canticchiata quando dividevo parte del mio spuntino di mezzanotte con Thor, il mio cane, l'ho fischiettata quando da ragazzo di campagna cercavo di trovare il modo per impormi in un diverso universo, l'ho pensata più volte quando mi sono abbandonato ai piaceri della vita (c'è chi li chiama peccati, io li chiamo "sacramenti"). 
Ed ora mi ritrovo a cantarla davanti allo specchio, rivedendo i miei capelli lunghi e sciolti dopo tanto tempo: capelli che s'erano stufati di rimanere legati, tanto che quelli più indomiti sfuggivano dal codino che gli imponevo, preferendo continuare ad accarezzare le spalle o coprirmi il viso. E che incoerente che sono stato, io che ho sempre odiato le costrizioni e la limitata libertà di agire, a volerli limitare in così pochi centimetri, compressi l'uno contro l'altro, privi dell'aria e dello spazio necessario per garantire loro una convivenza serena e felice. 

Perché del resto una coda di capelli è un po' come lo specchio della nostra società odierna: ci stipano in costruzioni atte, la mattina, a riversare migliaia di persone che null'altro sono se non merci, pronte ad occupare i mezzi pubblici, ammassandosi ed odiandosi, quando invece, venisse lasciata loro libertà di espressione, libertà di azione, potrebbero convivere in armonia, alimentando le proprie passioni, comunicando, amando. 

E per cui Confessioni di un malandrino è una dedica ai miei capelli, fautori di una ribellione ai lacci da me imposti (perché un elastico, per quanto elastico sia, sempre un legaccio è, sempre una briglia, sempre un confine ben delimitato dal quale solo il più tenace può scappare). Si sono guadagnati la libertà sul campo, combattendo, resistendo. Ed a loro, da sconfitto, rendo onore.




Stefano Tortelli


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