venerdì 12 dicembre 2014

La piazza



Nella giornata odierna, più del solito, è necessario fare un focus sul concetto di piazza, su ciò che dovrebbe rappresentare, su come si dovrebbe sfruttare. E su cosa riporta alla mente. 
Piazza. Il termina piazza deriva deriva dal latino "platea", termine che nell'italiano è stato adottato per indicare l'uditorio, sia come luogo sia come "coloro che udono, coloro che assistono". Ecco, andrebbe rispolverata questa polivalenza del termine, e riportare all'antico splendore dei primi decenni della nostra Repubblica l'importanza della piazza. Anche perché alle piazze vengono associati nomi ingombranti, importanti, di luoghi, persone o eventi che hanno caratterizzato in modo profondo la nostra storia recente. Penso a Piazza Castello a Torino, che sottolinea il retaggio monarchico della città e della nazione, penso alla Piazza Rossa di Mosca, che rievoca gli antichi fasti comunisti dell'ex capitale dell'Unione Sovietica, penso alle diverse Piazza 25 Aprile o Piazza Primo Maggio sparse per l'Italia che sottolineano rispettivamente ciò che è stato necessario per riuscire ad essere uno Stato Sovrano e Democratico e quella che è la natura di questo Stato: il primo maggio, la festa dei lavoratori, lavoratori che dovrebbero essere il motore portante dell'Italia, com'è sottolineato dalla Costituzione. 
Oggi, venerdì 12 dicembre, l'Italia che protesta ha preso possesso delle piazze, sporcate un anno fa dai Forconi, ed ha mostrato tutto il suo disagio, tutta la sua frustrazione, tutta la sua disperazione. C'erano pochi applausi oggi in Piazza San Carlo a Torino, c'erano pochi sorrisi, ma c'erano tante bandiere imbracciate come fucili, c'erano bocche silenziose pronte ad urlare in faccia ai potenti il dolore di chi è stato tagliato fuori. E siamo sempre in di più a vivere questa condizione: studenti, operai, pensionati, lavoratori degli altri settori, lavoratori pubblici; ed in pochi vediamo una soluzione ai nostri problemi, che ogni giorno si fanno sempre più grossi, che ogni giorno diventano sempre più insormontabili. Ma ben presto i privilegiati capiranno che il motore di questo fottuto mondo siamo NOI: i medici si accorgeranno che se mancano i soldi mancano i pazienti disposti a pagare per curarsi, i notai si accorgeranno che per mettere una firma da 2000€ dev'esserci qualcuno che stipula un contratto, i commercialisti si accorgeranno che il più del lavoro arriva dal 730 della massa di coloro che hanno poco da dichiarare (non perché VOGLIONO dichiarare poco, ma perché quel che dichiarano è quel che realmente hanno)... e gli imprenditori si accorgeranno che senza una massa che acquista i loro prodotti, beh, i loro prodotti valgono zero. 
E' pragmatismo signori, è legge di mercato, ed i dottoroni laureati alla Bocconi ben dovrebbero saperlo ed agire di conseguenza anziché cercare un nuovo astruso modo per distillare sangue dai nostri corpi ormai prosciugati. Si è voluto etichettare Comunismo ciò che è l'idea di Marx, ma null'altro è che Pragmatismo economico. Se non c'è domanda, l'offerta è vana: se non ci sono soldi per comprare, tutto resta da vendere.

Questo discorso non l'ho sentito in piazza oggi né l'ho sentito da alcun politico o presunto tale negli ultimi anni. Questo è un discorso che spesso affronto con chi conosco, con i miei genitori, con chi vuole leggermi od ascoltarmi. Mi piacerebbe avere una piazza a disposizione, una platea anzi, per dire queste quattro cose: e non per passare come nuovo messia, come nuovo politicante pronto a cavalcare l'onda del disagio sempre più diffuso, ma semplicemente per dire a chi è presente che c'è un'unica direzione, ed è quella di far sì che, se sarà pur vero che noi siamo quelli che stanno sotto, le basi di questa costruzione sociale siano estremamente solide. 
Perché se le montagne si erodono di qualche centimetro ogni anno nessuno se ne accorge, ma prova a disintegrarne la base: resta un buco, da cima a fondo, nella catena montuosa.
Non c'è storia, è fisica.


Passando alla storia, il 12 dicembre 1969 un attentato di matrice fascista in Piazza Fontana a Milano ha scosso l'intero Paese, portando via con sé diciotto persone e ferendone altre ottantotto. E' stato l'incipit che ha dato il via agli Anni di Piombo, alla Strategia della tensione, è stato il primo caso in cui oltre alla mano fascista si è intravisto un disegno più ampio, più oscuro, di stampo internazionale occidentale. 
Ai tempi noi facevamo parecchia paura alle destre ed al capitalismo. Ora è giunto il momento invece di risorgere, di tornare in piazza, di riprendere la nostra lotta. Perché se a Padova, in una piazza, è morto l'ultimo dei nostri grandi padri (il compagno Enrico BERLINGUER) facendo ciò che amava, è nelle piazze che dobbiamo farlo risorgere.


Mi piacerebbe comunque una toponomastica meno monarchico-ecclesiastica e più simile a quella di questa canzone, a Torino. Per non dimenticare la storia e la cultura recente di questa grande città. 






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