domenica 21 dicembre 2014

Dicembre, Torino e... Simon & Garfunkel: un pomeriggio d'ordinaria meraviglia

E' ormai un collegamento mentale globale quello che si instaura tra il mese di Dicembre ed il Natale, perché ormai definirla una festività religiosa è limitativo. Al di là degli aspetti puramente consumistici che, sfortunatamente, ne hanno caratterizzato la natura odierna (ed è un discorso che vale ormai per tutte le feste non istituzionali), dicembre è il mese in cui, a causa del Natale, le città si illuminano di mille colori: per la mia gioia il rosso domina, ma l'arcobaleno natalizio ha il potere di rendere le persone più disponibili, più sorridenti, più positive. Del resto è di comune usanza ricordare in questi ultimi giorni dell'anno le persone care presenti omaggiandole con doni e pensieri, usare la scusa delle feste per rivedere persone per tanto tempo rimaste ai margini della nostra esistenza (e noi della loro), chiudere, a seconda del proprio modo di essere, l'anno passato pensando a ciò che è bello ricordare o cosa dimenticare, ed infine caricare di aspettative l'anno nuovo: i buoni propositi, la convinzione che l'acquisto di un nuovo calendario da appendere in casa possa cambiare l'andamento degli anni passati che, chissà come mai, non hanno dato luogo alla svolta sperata ogni santo 31 dicembre. Ma tutto è, per un mese, in ogni caso, concentrato sul Natale, su questa festa che più di ogni altra ha il potere di condizionare il modus vivendi di ognuno di noi.
Il Natale per me è sempre stato un bel periodo, sebbene per alcuni anni sia stato complicato dalle distanze che mi separavano dalle persone che amavo, ed anche quest'anno tutto sommato un po' si sente una mancanza, è innegabile, anche se sopportabile, anche se ampiamente preventivata. Ma fedele al mio essere guardo positivo, penso positivo, vivo positivo, e penso ai bei ricordi delle festività invernali degli anni passati, dei preparativi, delle corse ai regali, della scusa di questo periodo per vivere per le prime volte certi spazi che fino ad allora avevo solo sfiorato. 
E mi viene in mente, inevitabilmente, un giorno settimanale di un dicembre di qualche anno fa: ero con mia madre in giro per il centro di Torino, per le vie traverse di Via Garibaldi, alla ricerca, in quegli antri ottocenteschi sopravvissuti all'ammodernamento distante pochi passi soltanto, gli ultimi regali per i parenti. Ho sempre amato fare i regali, e mi ha dato sempre molte più emozioni pensarli, acquistarli o ancor meglio prepararli, piuttosto che riceverli, e sicuramente questo episodio ha contribuito non poco ad appassionarmi al Dare. Tra un acquisto e l'altro, tra una bottega ed un negozio di antiquariato, è normale che il tempo passi in fretta. Torino tra l'altro non è propriamente clemente durante il tardo autunno e l'inverno, e per cui una cioccolata calda, qui, nella capitale italiana del cacao, non può che essere un'ottima cura ad ogni brivido. Entrammo così in un bar che sembrava uscito dalla Parigi bohémienne dei primi decenni del '900, quella raccontata da Orwell per intenderci, ricco di quadri, con un'insegna volutamente antica, arredato con mobili d'antiquariato. Perché non è mica sufficiente l'ambientazione a rendere un luogo, di fatto, etichettabile in un modo o nell'altro. Ci va la cura dei dettagli!! Ci sedemmo ad un tavolino, e nel silenzio del locale praticamente vuoto ci accorgemmo, nello stesso momento, che la radio stava passando qualcosa a noi familiare: erano Simon & Garfunkel, e rimanemmo sorpresi che alla radio potessero passare una canzone come El condor pasa; del resto non stiamo parlando di The sound of silence o Mrs. Robinson, e nemmeno di Cecilia o The boxer. Era una canzone minore, come può esserlo Se ti tagliassero a pezzetti di De André o Vorrei di Guccini... bellissime, ma poco inflazionate, poco considerate. 
La sorpresa più grande però fu scoprire, finita la canzone, che Simon & Garfunkel avevano ancora voglia di cantare, di farsi sentire, di irradiare il locale, di farci compagnia. Non era la radio: era un disco intero. Sorridemmo e commentammo, ed ad un certo punto sentimmo aumentare il volume della musica: l'oste si era accorto dei nostri apprezzamenti, e forse, anche per aggraziarsi due possibili clienti abituali, aveva girato verso destra la manopola dei decibell. 

Non è stata ovviamente l'unica volta che ho sentito una canzone che mi piace in un locale, non è stata l'unica volta che ho preso una cioccolata calda con mia madre in centro a Torino, non è stata l'unica volta che con lei ho girato per la città in periodo natalizio per acquistare regali, assolutamente. Ma l'insieme di questi elementi, ognuno indispensabile a suo modo, ha reso unico quel momento, ha dato un senso in più a quei due cantautori americani, ha unito ancora di più mia madre e me.

Ed ora, ogni volta che passa una canzone di Simon & Garfunkel, inevitabilmente entrambi pensiamo a quel pomeriggio a Torino sotto Natale a prenderci una pausa al gusto di cioccolato tra un regalo e l'altro. E se siamo insieme, ci si guarda, ci si sorride, ed i nostri pensieri si prendono per mano, come a volte ancora noi facciamo. 



Stefano Tortelli

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